Ad Oriolo Romano, organizzati dall’amministrazione comunale
Si sono conclusi, il 19 marzo scorso, gli incontri sulle mafie organizzati dall’Amministrazione comunale di Oriolo Romano e dall’Associazione “I cittadini contro le mafie e la corruzione”, presieduta da Antonio Turri. Quello della mafia è un tema molto rilevante, da sempre affrontato nel paese anche grazie alla presenza dell’Archivio Flamigni. Quest’ultimo, molto attivo, ha già proposto diverse iniziative in merito. Non a caso si ripeterà, sabato 23 marzo prossimo, alle ore 16, nella sala polifunzionale di Oriolo in piazza Clemente X, 5. Nel quarantesimo anniversario della strage di Primavalle, il Centro di documentazione Archivio Flamigni Onlus, in collaborazione con l’Associazione fratelli Mattei, il Comune di Oriolo Romano e la Provincia di Viterbo, organizza un dibattito nel quale interverranno: Giampaolo Mattei, Ilaria Moroni, Sergio Flamigni, Francesco Maria Biscione, Andrea Rusich, Graziella Lombi. Successivamente verrà proiettato il documentario Prima Ora. Inoltre ricordiamo che il paese vanta una via intitolata ad Oreste Leonardi, uno degli uomini della scorta di Aldo Moro; non possiamo dimenticare, infatti, che proprio il 16 marzo scorso ricorreva l’anniversario della strage di via Fani. Sequestro Moro che terminò col ritrovamento del cadavere, il 9 maggio, dell’onorevole. Circostanza che, ogni anno, in qualche maniera L’Archivio Flamigni non cessa di omaggiare.
Nonostante quest’opera di sensibilizzazione, però, dobbiamo rilevare che l’affluenza è stata scarsa nel penultimo degli incontri organizzati dall’Amministrazione, venerdì 8 marzo scorso. Soprattutto da parte dei giovani. E nonostante la partecipazione di un’ospite d’eccellenza: la giornalista Maria Sole Galeazzi, che ha raccontato, attirando l’attenzione e l’interesse del pubblico, la sua esperienza di cronista che si occupa, quasi esclusivamente, di fatti di cronaca nera, tra cui omicidi di stampo mafioso. Lavorando per un giornale della provincia di Latina, il rischio più grosso è quello di convivere nella stessa città con esponenti dell’alta criminalità organizzata come vicini di casa e, soprattutto, di continuare a viverci dopo aver denunciato o fatto rivelazioni alla luce di delitti di mafia. Con la conseguenza di ricevere continue minacce ed intimidazioni, in particolare a carico dei parenti e delle famiglie di giornalisti come lei che cercano solamente di fare il proprio lavoro, facendo chiarezza, palesando ogni irregolarità e ogni forma di sopruso, per costruire una società più giusta, in cui poter trascorrere in serenità ed in tranquillità la propria esistenza. Infatti il problema principale è l’omertà, la paura di denunciare gli esponenti mafiosi e chi collabora con essi, spesso ben noti, anche e soprattutto a livello locale. Ed è per questo che è importante trattare tali problematiche a livello locale. Spesso sono proprio i piccoli Comuni quelli più a rischio, inconsapevolmente. La mafia sta assumendo nuove forme e si sta diffondendo in maniera sempre più capillare, grazie ad una connivenza più forte con le istituzioni di potere. Arriva a controllare interi traffici commerciali. Spesso, contrariamente a quanto si crede, parte da Roma, per arrivare al Sud. Agevolata dalla crisi economica e da quella occupazionale, impone i suoi diktat, regole che sono una sorta di dettami di vero stampo dittatoriale, anche nei paesi o in centri più piccoli che non siano le megalopoli o le loro periferie. Sempre più frequentemente, non si tratta solamente di microcriminalità organizzata che gestisce il controllo di un territorio limitato; stiamo andando incontro alle “grandi infiltrazioni”, ovvero ai gruppi mafiosi a livello nazionale e mondiale che prendono il monopolio locale, “uccidendo” l’economia e distruggendo le piccole e medie imprese comunali, linfa vitale poiché forma di sussistenza indispensabile e fonte di lavoro per molti giovani. Intaccando i settori più preponderanti quali l’edilizia e l’urbanistica: non è più raro, purtroppo, intravedere riciclaggio di denaro sporco nei “grandi” appalti locali. Tramite favoritismi e forme di nepotismo mascherate. Dietro la meritocrazia, si celano forme di obbligo, di patti siglati con la mafia. Ovviamente vige la legge del “non so niente, non ho visto niente, io non c’ero, io non ho fatto niente”. Questa connivenza è reale a livello nazionale, come palesato dal giornalista Marco Travaglio in “È Stato la mafia”, figuriamoci a livello locale, dove è più facile accedere alle sedi del potere. Non bisogna sottovalutare la portata dei fenomeni mafiosi, né chiudere gli occhi, ma denunciare anche se si ha paura. La denuncia è l’unica possibilità che si ha di non soccombere alla criminalità: dalla mafia, all’usura, al riciclaggio di denaro sporco, al traffico di droga. “Si dovrebbe cercare di allargare il concetto di mafiosità”, ha affermato Maria Sole Galeazzi. Spesso a livello locale questi criminali sono più difficili da individuare poiché riescono a nascondersi meglio dietro un’apparente normalità e legalità. Però, tenendo gli occhi ben aperti, con vero impegno civile, diminuirà il rischio di cadere in drammi che potevano essere evitati. Questo lo scopo di giornalisti impegnati come lei che, non a caso, ha voluto portare ad esempio due omicidi avvenuti a Terracina: quello di Emiliana Femiano, caso eclatante di violenza estrema sulle donne, uccisa a soli 25 anni, dal fidanzato 24enne, Luigi Faccetti, dopo diversi precedenti non rassicuranti. Oppure dell’uccisione di Gaetano Marino, in pieno giorno, con 11 colpi tutti andati a segno, indice che non si è trattato, anche in una realtà meno rilevante quale Terracina, di killers improntati, ma di professionisti: è stato un omicidio premeditato, di stampo mafioso. Delitti “organizzati”, dunque, che, forse, potevano essere evitati. Non si può e non si deve sapere e fare finta di nulla. Di fronte ad atti di una tale brutalità non si riesce a rimanere indifferenti, “senti di dover fare qualcosa, anche se preferiresti non doverci mai scrivere”, confessa Maria Sole Galeazzi. Ed è questo spirito che muove le coscienze di chi non vuole dimenticare le 900 vittime di mafia, camorra e ‘ndrangheta, non solo nel giorno della Memoria, dell’anniversario della strage di via Fani o altro, ma sempre, tutto l’anno; perché sa che non ricordare il loro esempio e il loro insegnamento, il motivo per cui hanno lottato e perso la vita, sarebbe come ucciderli una seconda volta. E, se c’è una cosa che non è ricattabile, è il coraggio di dire quel “no”. È difficile, però, poiché sembra più facile e più sicuro scendere a compromessi con la criminalità. Però, quando la tua vita viene comunque “distrutta”, con continue vessazioni gratuite, allora è il momento in cui sorge il moto di ribellione per il cambiamento. Una mobilitazione che sta venendo sia dal basso, dalla gente comune, sempre più consapevole che ognuno può far qualcosa, che dall’alto. Forse cambiare sarà possibile. Speranza l’ha infusa anche, di recente, il discorso del neo presidente del Senato, Pietro Grasso, annunciando di voler dare le risposte concrete alle esigenze dei cittadini all’insegna di “Giustizia, Diritto, Fortezza e Concordia, di cui il Paese ha ora disperatamente bisogno”. La Misericordia cui si è appellato Papa Francesco. Ricordando Moro e gli uomini della sua scorta morti, “un dramma dell’intero Paese”, che mirava a colpire “l’uomo e il dirigente politico che aveva compreso il bisogno e le speranze di rigenerazione che animavano dal profondo e tormentavano la società italiana”, per impedirgli di attuare un “progetto riformatore”. Rivolgendo un pensiero ai giovani che, a Firenze, hanno partecipato alla “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, per onorare le vittime della mafia, indistintamente: “cittadini, appartenenti alle forze dell’ordine, sindacalisti, politici, amministratori locali, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, magistrati, persone innocenti uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio dovrà essere il nostro faro”. “Siamo davanti a un passaggio storico straordinario: abbiamo il dovere di esserne consapevoli, il diritto e la responsabilità di indicare un cambiamento possibile perché in gioco è la qualità della democrazia che stiamo vivendo e che lasceremo in eredità ai nostri figli e ai nostri nipoti. Oggi bisogna ridare dignità e risorse alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura”, per potere permettere loro di compiere il proprio mestiere. “Ho sempre cercato Verità e Giustizia e continuerò a cercarle da questo scranno, auspicando che venga istituita una nuova Commissione d’Inchiesta su tutte le Stragi irrisolte del nostro Paese. Giustizia e cambiamento, questa è la sfida che abbiamo davanti. Ci attende un intenso lavoro comune per rispondere, con i fatti, alle attese dei cittadini che chiedono anzitutto più giustizia sociale e più etica, nella consapevolezza che il lavoro è uno dei principali problemi di questo Paese”. Attenzione meritano, però, ugualmente: disoccupati, cassintegrati, esodati, immigrati, giovani, insegnanti garantendo pari diritti a tutti e dando sostegno alle imprese, alle carceri e alla Scuola. Poi una riflessione per gli Enti locali: “Penso alle Istituzioni sul territorio, ai Sindaci dei Comuni che stanno soffrendo e faticano a garantire i se
rvizi essenziali ai loro cittadini. Sappiano che lo Stato è dalla loro parte, e che il nostro impegno sarà di fare il massimo sforzo per garantire loro l’ossigeno di cui hanno bisogno. Di quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo Pontefice, Papa Francesco, i cui primi atti hanno evidenziato un’attenzione prioritaria verso i bisogni reali delle persone”.
Cambiamento che può venire solamente aiutando la gente a formarsi una propria coscienza e consapevolezza critica: informando. “Informare per resistere”, un motto condiviso da Emanuele Rallo, Consigliere con delega alle Politiche Giovanili e ai Processi Partecipativi del Comune di Oriolo, promotore degli incontri, che ha affermato “Quello della mafia è un tema difficoltoso da affrontare. Il punto è continuare a fornire gli strumenti alla popolazione per essere informata. Un obbligo che abbiamo soprattutto nei confronti delle nuove generazioni”. “La sensazione è che il problema della mafia è un tema di cui c’è bisogno di parlare, anche qui ad Oriolo dove potrebbe insediarsi comunque, sebbene si teme e si ha paura a trattarlo”, sostiene il sindaco, Graziella Lombi. C’è da chiedersi il perché, allora, ci sia stata una scarsa partecipazione. L’8 marzo scorso, però, si è affrontato anche il problema legato alla violenza sulle donne, proprio nel giorno della Festa della donna. Negli ultimi anni, infatti, è aumentato il numero delle donne vittime di abusi sessuali (per non parlare dello stalking), anche tra le mura domestiche, o addirittura uccise nell’omertà di un parallelismo significativo, spiega Galeazzi, “essere una donna vittima e vittima in quanto donna”, come nel caso del delitto di Emiliana Femiano, in una società ancora prettamente maschilista. Soprattutto nel mondo del lavoro la donna vive una condizione di subordinazione e discriminazione rispetto all’uomo, arrivando persino a “sfruttare” il suo corpo e la fisicità per fare carriera. Il livello dei femminicidi è di 124 donne uccise nel 2012 e 47 ferite, mentre, dall’altro lato, diversi studi mostrano la donna come una risorsa per lo sviluppo e la crescita socio-economica del Paese. “L’omertà su tali violenze, che le ricollega al fenomeno mafioso, deve terminare. Occorre denunciare; dovremmo arrivare a non parlare di questi atti ed abusi, soprattutto nel giorno della Festa della donna. Altrimenti vivremo sempre nell’emergenza e faremo sempre azioni del giorno dopo, commemorazioni di casi limite”, sostiene Maria Sole. In Italia, però, siamo in ritardo anche dal punto di vista normativo, con una legge che garantisca pari diritti e doveri, e che riconosca lo stalking come un grave reato, incentivando le donne vittime di abusi a denunciare, che le tuteli psicologicamente, assistendole nella gravidanza, soprattutto se immigrate. Invece sono ancora poche le case rifugio per donne: nel viterbese c’è solamente “Erinna”. Esiste un numero nazionale, anche se poco conosciuto ed in lingua: il 1522. In questo, spiega il sindaco Lombi, il comune di Oriolo cerca di offrite tali servizi di assistenza, anche alla genitorialità nelle scuole. I servizi sociali sono aperti tutti i giorni.
Dunque attenzione ai più deboli per un cambiamento sociale che permetta uno sviluppo equo e sostenibile del Paese e della società. Non potevamo, pertanto, concludere senza citare il discorso del presidente della Camera, Laura Boldrini. “Arrivo a questo incarico dopo aver trascorso tanti anni a difendere e rappresentare i diritti degli ultimi in Italia come in molte periferie del mondo. E’ un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno”, ha affermato in apertura. “Dovremmo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno.
Quest’Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale. Di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia”. “Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore. Ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento”. Donne, ma anche attenzione ai detenuti che “vivono in una condizione disumana e degradante come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo”, a chi ha perso lavoro, ai cassaintegrati, agli esodati, ai terremotati, agli imprenditori “schiacciati dal peso della crisi”, ai pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese, ai disabili. “Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano”, sull’esempio del messaggio lanciato da Papa Francesco. “Facciamo di questa Camera la casa della buona politica. Rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani”. Poi un ricordo per le vittime della mafia. Guardare all’Europa, per farne “un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, un luogo della libertà, della fraternità e della pace. La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione”. In discorso speculare a quello di Grasso.
Con questo continuo passaggio tra locale e nazionale abbiamo voluto mostrare la ricaduta ad ogni livello di fenomeni quali quello delle mafie e della violenza sulle donne, sia che se ne parli a Oriolo, che a Terracina, che in ogni altra zona d’Italia.
di Barbara Conti