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Sieropositività e discriminazioni

lilaLa LILA lancia un appello ai paesi che vietano l’accesso a soggetti HIV+

Nel terzo millennio ci sono molte cose che diamo ormai per scontate. Non stiamo qui a elencare i progressi della tecnologia e della società che hanno abbattuto le barriere di un mondo sempre più aperto, accessibile e senza frontiere.

Eppure, molte delle cose che diamo abitualmente per scontate non sono così ovvie per tutti. Voler prendere un aereo e volare in Ungheria o verso l’isola di Cipro, ad esempio, può essere un’esperienza alla quale alcuni di noi risultano interdetti. Ancora oggi, nel 2010, se sei sieropositivo i confini del mondo potrebbero risultarti decisamente più stretti e meno ospitali. Ben sedici paesi del mondo pongono divieti e restrizioni sull’accesso ai propri territori da parte di soggetti HIV+. Tra questi paesi, oltre alle già citate Ungheria e Cipro, troviamo Andorra, Armenia, Bielorussia, Georgia, Israele, Kazakhstan, Moldavia, Federazione russa, Slovacchia, Tajikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan, Germania (Baviera, Sassonia e Nuova Brandeburgo). Il motivo per cui questi paesi abbiano preso precisi provvedimenti per ostacolare o limitare l’accesso di sieropositivi è facilmente intuibile: la paura. In questi paesi, la presenza sul suolo nazionale di soggetti sieropositivi viene percepita un pericolo per la salute dei propri cittadini. E si sa come ancora oggi paura faccia rima con discriminazione. È per questo che la Lega Italiana Lotta all’AIDS, assieme all’Hiv/Aids Civil Society Forum, ha lanciato un appello alle rappresentanze italiane dei sedici paesi sopracitati. Affinché le cose cambino, affinché nel terzo millennio questo mondo sia privo di frontiere per tutti, non solo per i fortunati cittadini di serie A. La lettera della LILA accende i riflettori sulle discriminazioni legate alla sieropositività, e lo fa poche settimane prima della conferenza mondiale sull’AIDS, che si terrà a Vienna nel mese di luglio. I più ottimisti potrebbero sperare che fino ad allora qualcuno dei sedici paesi riveda le sue posizioni legislative e abbatta il divieto d’accesso, così come hanno fatto nei primi mesi del 2010 USA e Cina. I più pessimisti, al contrario, temono tempi di attesa molto più lunghi. E tra tutti, i più realisti sanno bene come modificare una legislatura possa essere solo un piccolo passo se prima non si riesce a modificare la mentalità che si barrica dietro una legge restrittiva: la mentalità spaventata del singolo cittadino.

di Silvestro Capurso

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine