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L’Italia delle morti rosa

sala_opNon si fermano i casi shock nelle sale parto

Padova, Messina, Reggio Calabria, Milano, Roma, Matera, Reggio Emilia, Palermo, Catanzaro.

Negli ultimi mesi si è perso il conto degli episodi di cronaca nera nelle sale parto. A farne le spese donne incinte e i loro nascituri, alcuni dei quali non vedranno mai la luce del sole. Ad elencarli tutti sembra un vero e proprio bollettino di guerra, ma questi numerosi episodi di malasanità, che sfociano sempre in inchieste giudiziarie, sono sintomo di un’emergenza. L’ultimo caso shock è accaduto il 30 settembre a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, dove 17enne, alla 41/ma settimana di gestazione, era ricoverata in attesa del parto, accusando, però, dolori alla schiena e alle gambe. In base ai normali controlli medici, il feto non presentava problemi. Dopo essersi svegliata giovedì mattina con perdite di sangue, il tracciato ha evidenziato l’assenza di battito cardiaco. Alla giovane è stato praticato il parto cesareo, ma il bambino era già morto. Ora si attende l’autopsia del medico legale. Nessun decesso, ma un’invalidità permanente a Bergamo. Dopo un travaglio durato tre giorni agli Ospedali Riuniti, la bimba è nata invalida al cento per cento e la madre non potrà più avere figli, a causa di lesioni all’utero. Secondo il padre della piccola, la moglie sarebbe stata lasciata ben due giorni in sala travaglio con dolori fortissimi. Pare che prima del parto siano passate molte ore, anche a causa di una discussione tra due medici in disaccordo se praticare o no il cesareo. La gravidanza non aveva mai mostrato segni d’irregolarità e la bimba, secondo gli esami, era sana, ora, invece, è completamente cieca e viene nutrita con un sondino. La Procura di Bergamo ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di lesioni colpose gravi. Nessun medico indagato, al momento il fascicolo è a carico di ignoti. Anche la Procura di Palermo è impegnata a scoprire le cause di un’altra tragedia avvenuta il 26 settembre nella clinica Candela. Una coppia di coniugi, entrambi di 29 anni, ha sporto denuncia dopo la morte di quello che sarebbe stato il loro primogenito. La 29enne gestante era stata ricoverata dopo che le si erano rotte le acque. Accusando contrazioni molti forti aveva chiesto il cesareo, ma le era stato risposto che “senza una giusta causa si doveva procedere con il parto naturale“. Secondo la Casa di cura, infatti, “non c’era parto1alcun presupposto per eseguire il parto cesareo, come espressamente previsto nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità“. Segue il caso di Padova, dove una donna ha perso il suo bambino al settimo mese di gravidanza. L’episodio si è verificato dopo una drammatica corsa fra due ospedali senza l’ambulanza. A causa di dolori, la giovane era stata accompagnata dal marito all’ospedale di Piove di Sacco. Dopo i classici accertamenti, i medici avevano assicurato che non c’erano problemi, ma la donna aveva continuato a non stare bene. A quel punto i medici stessi le avevano consigliato ulteriori controlli, ma all’ospedale di Padova, dove doveva recarsi, a quanto ha denunciato il marito, senza l’ausilio dell’ambulanza, ma con propri mezzi. Al pronto soccorso di Padova, le condizioni sono apparse molto gravi e la donna è stata sottoposta a cesareo d’urgenza, ma senza risultato. Anche qui la Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e sia il Ministero della Salute sia la Regione Veneto hanno inviato due gruppi di ispettori per accertare i fatti. L’8 settembre scorso è stata la volta di Policoro, in provincia di Matera. Nell’ospedale Giovanni Paolo II, una donna di 32 anni è morta dopo un parto cesareo gemellare con cui ha dato vita a Rocco e Cristiano. Il Ministero della Salute e la Regione Basilicata hanno avviato un’ispezione congiunta per indagare. Messina è stata teatro, all’inizio di agosto, di uno dei primi episodi di questa triste sequela. Protagonisti, in questo caso, due medici in disaccordo sul taglio cesareo. Risultato della rissa in sala parto, la nascita di Giosuè, che dopo il coma farmacologico per due ischemie cerebrali, ha un rene compromesso, un braccio paralizzato e problemi cardiaci. La neo mamma ha rischiato la vita e ha subìto un’isterectomia (asportazione dell’utero) che non le permetterà di avere altri figli. Sei le persone indagate: i due ginecologi coinvolti nella lite, il direttore del reparto di ostetricia, i due medici che hanno poi eseguito il cesareo e un’ostetrica. Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha inviato gli ispettori e promesso pene esemplari. Anche i Nas sono intervenuti e hanno denunciato «pericolose» carenze igienico-sanitarie e farmaci scaduti. Negli stessi giorni, l’ospedale Casilino di Roma finisce sotto accusa a causa della morte di un neonato dopo soli due giorni dalla nascita. Le condizioni del piccolo, nato con cesareo due settimane prima del termine, non destavano preoccupazioni, ma poco dopo sono sopraggiunte difficoltà respiratorie, tanto che i medici avevano deciso di intubarlo e metterlo nell’ incubatrice. Durante la notte, però, il tubo si sarebbe staccato e, a quanto pare, nessuno se ne sarebbe accorto. Secondo la denuncia dei genitori, il bambino avrebbe anche ingerito liquido amniotico. La Procura di Roma sta indagando per omicidio colposo. A Reggio Calabria, invece, un feto è nato senza vita dopo un travaglio lunghissimo, durante il quale i genitori avrebbero ripetutamente chiesto un cesareo. Intervento non necessario per il medico, che ha detto di «non sapersi spiegare l’accaduto» e di avere fatto il suo dovere. Come nei casi precedenti, anche la Procura di Reggio Calabria è impegnata nell’indagine. Anche all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, l’equipe medica non aveva più ritenuto necessario l’intervento chirurgico, inizialmente previsto, e aveva deciso di rinviare il parto fino al termine fisiologico della gravidanza. Il comportamento è da ritenersi corretto sul piano clinico e assistenziale, dicono, ma il risultato è stato comunque un decesso. «Complicanze post partum», invece, sono costate la vita a una donna di 37 anni, secondo quanto spiega l’ospedale Buzzi di Milano. Un’emorragia ha reso necessario un intervento, ma dopo aver dato alla luce tre gemelli, concepiti grazie alla fecondazione assistita, la 37enne è morta per crisi cardiaca. Gli inquirenti ora dovranno valutare se ci siano responsabilità da parte dei medici. Potremmo continuare perché sono stati almeno 19 i parti drammatici avvenuti a partire dal settembre 2009, ma ci fermiamo ai più recenti. Ormai si tratta di un problema di sistema, di una vera e propria emergenza, che sta mietendo vittime con una frequenza allarmante”, commenta Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. A seguito di queste pagine nere della sanità italiana, il ministero della Salute ha avviato un piano “Parto sicuro” in 5 punti, coordinato da una commissione di 6 membri (tre del ministero e tre delle Regioni), per migliorare l’organizzazione e la sicurezza delle procedure di parto e monitorare punti nascita e cesarei.  Qualche giorno fa, il ministro Fazio ha lanciato un appello ai cittadini: “Vorrei chiedere agli italiani di non andare in panico e
di non esasperare la situazione
” e ha voluto rassicurare i genitori in attesa: “Chiedo loro di non preoccuparsi, ma anche di non sostituirsi ai medici. Noi dobbiamo avere una grande fiducia nei nostri medici, che sono tra i migliori al mondo“.

di Valeria Fornarelli