Distribuito dalla
I Make Records dal gennaio scorso, articolato in dodici tracce rappresentative di altrettante sfumature cromatiche tra l’assorbimento della luce ed il suo completo riflesso, tra il nero dell’
hard rock ed il bianco dell’innocenza, questo nuovo lavoro appare sospeso in una realtà indefinibile ed incerta, catturato in una sorta di cornice dei
Volontari del Purgatorio della Comunicazione. Complici i testi verbosi e tutti da interpretare, l’album va intenzionalmente alla ricerca di atmosfere vaghe e gravi per allontanarsi dal caleidoscopio del gusto moderno: in un panorama musicale multicolor, nel quale tutti tentano di evocare le gradazioni di colore più diverse, l’azzurro retorico del mare o l’abusato rosso della passione, Il Vortice sceglie il grigio – ora pallido e timido, ora scuro ed oppressivo come un cielo carico di pioggia – per farne, orgogliosamente, la propria bandiera.
Le intenzioni avanguardistiche si svelano sin dalla prima traccia, solo strumentale, legata senza soluzione di continuità alla seconda (come nei migliori concept album), a voler sottolineare l’unità del messaggio. Più in là, invece, in diversi casi, i pezzi terminano tronchi, bruscamente interrotti nel proprio svolgersi (come molte cose della vita?), col risultato di stimolare nell’ascoltatore un certo senso di smarrimento. I suoni, prossimi a quelli di un
rock che, ormai, ci è familiare (un po’ alla Skunk Anansie), a tratti contaminati con qualche elemento
grunge, sono nella generalità dei casi energici e coinvolgenti, ma accade anche che evolvano inaspettatamente (in un modo che ricorda alcune composizioni classiche contemporanee), producendo l’effetto acustico di un’unghia sulla lavagna. I testi, ai quali viene attribuito un ruolo assolutamente centrale, sembrano concepiti con poco o nessun senso della metrica e sono veicolati da una voce sottile e giovanile, dalla timbrica fresca (e forse, proprio per questo, poco in linea con l’oscurità delle parole e del messaggio), che a volte, e per chiara scelta espressiva, comunica fragilità anche nei versi potenzialmente più aggressivi.
È evidente, poi, un certo debole del gruppo per i tempi dispari e per i 7/4 in particolare, che ricorrono in “
Occhio di Pesce” e “
La Lettera”. Il primo dei due brani, soprattutto, ha una struttura inquieta,

graffiante ai limiti dell’irritante, ma indubbiamente dinamica ed energica. “
In Lamina”,
hard rock ineccepibile, con lunghe parti strumentali che rievocano i suoni di gruppi storici, si candida ad essere il pezzo migliore dell’album. L’unica ballad, “
Etere”, affronta il modaiolo tema vampiresco (“
Si sveglia il sangue/ i denti affondano nel collo ancora/ parlami di niente/ di luci spente/ di cose violente”) ed associa al grigio un rosso pallido ed indolente. Le velleità avanguardistiche ricompaiono in “
Caratteri”, costruita attraverso suoni prolungati, vibranti e dissonanti e voci che si rincorrono pronunciando frasi di libera interpretazione (“
È la distanza che deve vivere tra un carattere e l’altro”). “
Beautiful Sadness”, paradigmatica del modo in cui l’intero album è stato concepito, è un monologo recitato su di una base musicale ciclicamente ossessiva, che vuole forse essere un inno al carpe diem e ad una vita più naturale ed istintiva (“
Ho cercato di trovare un modo logico di trascorrere il tempo/ di giustificare un mezzo per un fine/ e mi ritrovo a osservare i giorni finire/ piuttosto che incominciare”), ma che, ovviamente, si presta ad altre mille possibili letture. Anche qui, come nella generalità dei casi, il testo domina completamente la struttura melodica e ritmica del pezzo, secondo un approccio che tende a disallinearsi, allora, dalla grande maggioranza delle produzioni rock contemporanee.
Il Vortice
Dodici Gradi di Grigio
I Make Records – 2010
www.ilvortice.net
www.myspace.com/ilvortice
Tracklist:
1. Vedi
2. La Struttura del Vuoto
3. L’Equazione
4. Dentro
5. Occhio di Pesce
6. Etere
7. La Lettera
8. Caratteri
9. In Lamina
10. Beautiful Sadness
11. L’Altro
12. Istruzioni (per un Addio)
di Cristina Scatolini