Figlio di Frank Broonzy e Mittie Belcher, il giovane talento trascorre la sua giovinezza lontano dalla musica, per espressa volontà del padre che considerava il blues la musica del diavolo, causa di disgrazia e perdizione.
Dopo la morte del padre Big Bill si avvicina alla musica abbandonando di fatto ogni altra occupazione, anche grazie agli insegnamenti dello zio paterno dal quale apprende i primi rudimenti musicali e le prime ballate popolari.
A seguito di una iniziale fase di sperimentazione e di prove nella composizione dei primi blues, il musicista si dedica con passione allo studio del “
fiddle“, il violino suonato nello stile “Old-time” delle montagne.
Big Bill suona lo strumento in modo differente rispetto all’impostazione classica, posizionando lo strumento contro il petto anzichè nell’ incavo della spalla: questa scelta gli consentiva una maggiore libertà nella gestualità.
Lo studio del violino è affiancato, con passare degli anni allo studio del
banjo che suona come nello stile tradizionale delle “string band”.
Le prime esibizioni con la chitarra acustica risalgono agli anni Venti e sono legate al sodalizio con
Papa Charlie Jackson (1888-1938): dopo la produzione di alcuni testi un po’ ripetitivi e scarni, Broonzy acquista una buona tecnica, associata ad una voce sporca e graffiante che concorrerà in modo decisivo a fargli ottenere i primi successi.
Il musicista diviene presto la personalità musicale più conosciuta ed apprezzata della generazione urbana degli anni ’30, e contribuisce a diffondere il
blues, pur allontanandosi gradualmente dalla purezza del suo spirito rurale a vantaggio di soluzioni più commerciali, dotate di un’inclinazione umoristica.
Le sue migliori produzioni sono legate al
country-blues, il genere che più di ogni altro esalta il dialogo voce-chitarra: in seguito, anche sotto la pressione del mercato discografico, si accosterà al
rhythm’n’blues in compagnia del pianista-amico
Joshua Altheimer per poi passare al
folk-blues negli anni Sessanta.
La sua produzione musicale è sterminata (
Big Bill Blues, 1928;
Starvation Blues, 1928;
Keep Your Hands Off Her, 1934;
Trucking Little Woman, 1938;
Just A Dream, 1939:
Too Many Drivers, 1939;
Looking Up At Dawn, 1940;
Key to the Highway, 1941;
All By Myself, 1941;
When I Been Drinking, 1941;
Key To The Highway, 1941;
Shine On Shine On, 1941) e si conclude con un’interessante raccolta in cinque volumi registrati da
Bill Randle e
Studs Terkel, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 14 agosto 1958.
di Valentina Pascali