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Big Bill Broonzy

bill_broonzy_fWilliam Lee Conley Broonzy nasce a Scott, nello Stato del Mississippi  il 26 giugno del 1893 e rappresenta senza dubbio la figura chiave della lenta transizione del blues dagli Stati del Sud  verso il Nord, e più precisamente nella città di Chicago.

Figlio di Frank Broonzy e Mittie Belcher, il giovane talento trascorre la sua giovinezza lontano dalla musica, per espressa volontà del padre che considerava il blues  la musica del diavolo, causa di disgrazia e perdizione.
Dopo la morte del padre Big Bill si avvicina alla musica abbandonando di fatto ogni altra occupazione, anche grazie agli insegnamenti dello zio paterno dal quale apprende i primi rudimenti musicali e le prime ballate popolari.
A seguito di una iniziale fase di sperimentazione e di prove nella composizione dei primi blues, il musicista si dedica con passione allo studio del “fiddle“, il violino suonato nello stile “Old-time” delle montagne.
Big Bill suona lo strumento in modo differente rispetto all’impostazione classica, posizionando lo strumento contro il petto anzichè nell’ incavo della spalla: questa scelta gli consentiva una maggiore libertà nella gestualità.
Lo studio del violino è affiancato, con passare degli anni allo studio del banjo che suona come nello stile tradizionale delle “string band”.
Le prime esibizioni con la chitarra acustica risalgono agli anni Venti  e sono legate al sodalizio con Papa Charlie Jackson (1888-1938): dopo la produzione di alcuni testi un po’ ripetitivi e scarni, Broonzy acquista una buona tecnica, associata ad una voce sporca e graffiante che concorrerà in modo decisivo a fargli ottenere i primi successi.
Il musicista diviene presto la personalità musicale più conosciuta ed apprezzata della generazione urbana degli anni ’30, e contribuisce a diffondere il blues, pur allontanandosi gradualmente dalla purezza del suo spirito rurale  a vantaggio di soluzioni più commerciali, dotate di un’inclinazione umoristica.
Le sue migliori produzioni sono legate al country-blues, il genere che più di ogni altro esalta il dialogo voce-chitarra: in seguito, anche sotto la pressione del mercato discografico, si accosterà al rhythm’n’blues in compagnia del pianista-amico Joshua Altheimer per poi passare al folk-blues negli anni Sessanta.
La sua produzione musicale è sterminata (Big Bill Blues, 1928; Starvation Blues, 1928; Keep Your Hands Off Her, 1934; Trucking Little Woman, 1938; Just A Dream, 1939: Too Many Drivers, 1939; Looking Up At Dawn, 1940; Key to the Highway, 1941; All By Myself, 1941; When I Been Drinking, 1941; Key To The Highway, 1941; Shine On Shine On, 1941) e si conclude con un’interessante raccolta in cinque volumi registrati da Bill Randle e Studs Terkel, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 14 agosto 1958.

di Valentina Pascali

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Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine