
L’amore. Non quello decantato in tanta musica nostrana, concepito come unica via verso la felicità, ma visto come una droga dalla quale disintossicarsi, una malattia dalla quale guarire per ritrovare se stessi e una serenità che passa necessariamente attraverso il distacco.
Questo, il tema del primo concept album di
Paolo Agosta e della sua band intitolato per l’appunto
Virus, che arriva dopo due lavori solisti del cantautore milanese (
L’Immensità e
Nuove Strade). Una genesi è durata cinque anni (dal 2005 al 2010): un album che guarda alle band inglesi e americane degli anni ’90, al sound dei
Muse e dei
Radiohead ma anche al grunge dei
Nirvana opportunamente miscelati con la tradizione
alternative rock italiana. In
Virus Agosta ha inserito molti elementi autobiografici: dell’amore vengono raccontati gli aspetti più amari e reali, la disillusione e una condizione umana fatta di limiti e disagi. La title-track è il manifesto dell’intero album: un sound quasi da incubo, fatto di potenti sezioni ritmiche, chitarre antagoniste e strofe dissonanti dall’atmosfera opprimente che si liberano in ritornelli melodici. Con
Sahara si cambia registro: è un brano agrodolce che alterna la delicatezza pianistica di una ballad all’irruenza del
rock. Ascoltando l’album è impossibile non fare dei parallelismi con il
synth rock e la scena
electro di gruppi quali i
Bluvertigo e i
Subsonica, dai quali la band prende in prestito alcuni elementi, ma Agosta filtra e rivisita anche il cantautorato chic di
Paolo Benvegnù e
Morgan: di quest’ultimo è presente anche una bella cover di
Altrove, inserita nell’album come ghost track: in questa versione, la voce è protagonista assoluta e, seppur trattata in chiave moderna, non perde l’atmosfera originale. A chiudere il sipario sul disco, il brano
Riparto da me che rappresenta la fine delle esperienze negative che fanno da filo conduttore all’album, ma anche l’inizio di un percorso di rinascita personale. Per il gruppo di Paolo Agosta
Virus si rivela un inizio promettente: non innovativo ma allineato con i canoni stilistici dell’alternative rock italiano, dai quali però si distingue per la cura dei dettagli (dai testi alla musica). Il risultato sono tracce godibili che spiccano nel panorama musicale contemporaneo per ironia e buon gusto.
di Lucia Gerbino