Amore, guerra, undici settembre e tanti clichè
Nella primavera del 2001 (attenzione alla data, è importante) John Tyree (Channing Tatum) e Savannah Curtis (Amanda Seyfried) si incontrano su una spiaggia della Carolina del Sud, ed è subito colpo di fulmine.
Entrambi bellissimi, giovani e apparentemente spensierati, vivono due settimane d’amore, intense e felici.
Tuttavia, trattandosi di una sceneggiatura che trae spunto da un romanzo di Nicholas Sparks (una certezza nel campo della tragedia amorosa), i due piccioncini non potranno vivere felici e contenti. Non così facilmente, per lo meno. John è infatti un soldato, impegnato nelle Forze Speciali ed è sempre in giro per il mondo. L’attacco terroristico dell’undici settembre imporrà al senso del dovere del ragazzo una scelta, e Savannah, studentessa universitaria, sarà costretta a prenderne atto. Non resta allora che scriversi valanghe di lettere (cartacee…) e vedersi durante le brevi licenze di lui; ogni incontro fa rivivere la scintilla tra i due, ma il tempo passa, e ne passa tanto, così che Savannah arriva a scrivere la famigerata “Dear John letter” al suo (non più) amato bene. Trattasi della classica missiva d’abbandono per fidanzati e mariti al fronte, un modo ormai standard, ma chiaramente non indolore, con cui comunicare la fine di un amore. Che il giovane protagonista si chiami effettivamente John anche all’anagrafe, è un chiaro sintomo del sadismo (o del sommo sberleffo) dell’autore della storia.
Dear John è un film ben compresso in un preciso genere cinematografico, il romance più puro e realmente old-fashioned, la love story tutta romanticismo, buone intenzioni e tanti impedimenti che sempre ha fatto sognare il pubblico (soprattutto femminile) di ogni età. Qui però, a fronte di una storia evidentemente succinta, si ha l’impressione che l’(ab)uso di clichè abbia preso il sopravvento, probabilmente per sopperire alla povertà di eventi da narrare. Passi per le passeggiate romantiche al tramonto, gli acquazzoni estivi latori di passione e i falò sulla spiaggia, ma riempire l’intero secondo atto del film con le lettere d’amore che i due innamorati si scambiano (e scrivono, e inviano, e ricevono, e leggono) è davvero eccessivo, anche per gli amanti della melassa.
Restano, per chi ama l’articolo, il fisico ultrapalestrato di Channing Tatum (ma per vederlo recitare è necessario recuperare l’ottimo Guida per riconoscere i tuoi santi di Dito Montiel) e la presenza scenica dell’adorabile Amanda Seyfried, mentre del regista, un certo Lasse Hallström, forse è meglio tacere.
di Manuela Pinetti