Intanto ieri al Festival del Cinema irrompono le proteste di Action
“Gruppo informatico cerca giovani laureati con il massimo dei voti e il minimo della dignità”, “Agenzia di pubblicità cerca account junior con padre pronto a mantenerlo a vita”: sono questi gli slogan provocatori che da alcuni giorni campeggiano nella Capitale.
È un caso di “guerrilla marketing”, un tipo di promozione pubblicitaria non convenzionale e a basso costo, che usa strumenti aggressivi per far leva sui meccanismi psicologici delle persone e sul loro immaginario, secondo la definizione coniata dal pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson negli anni Ottanta.
Una campagna pubblicitaria destinata a far scalpore, dati i tempi di estrema precarietà lavorativa. Sulla homepage del sito di “Giovani disposti a tutto” (www.giovanidispostiatutto.com) si legge che “è il sito fatto per chi sa che sul lavoro non contano le chiacchiere, ma la voglia di fare e di arrivare, senza guardare in faccia nessuno”, ma digitando sull’indirizzo si leggono proclami nella stessa chiave ironica come questo: “Per chi è convinto che invece di reclamare diritti che ormai appartengono a un’altra epoca, sia meglio lavorare con grinta e a testa bassa, giorno e notte, estate e inverno, sempre. Il nostro motto è: solo il sacrificio porta al successo. Speriamo che diventi anche il tuo”.
Reali offerte di lavoro non ce ne sono, forse come metafora della situazione occupazionale italiana con un tasso di disoccupazione ufficiale pari all’ 8,5%, che non comprende i lavoratori in Cassa integrazione e gli «scoraggiati», cioè coloro che non cercano più attivamente un impiego perché disperano di trovarne uno.
Nella campagna di “guerrilla marketing” c’è spazio per espressioni di disappunto da parte di utenti che speravano di trovare realmente lavoro, ma anche per commenti divertiti.
Sempre a Roma un esempio di attivismo contro il precariato, ma che non usa le armi della pubblicità bensì i toni accesi della protesta. Sugli striscioni dei manifestanti c’erano scritte frasi come “Più case, meno caserme e la nostra vita non è un film“; “Roma capitale della crisi“. I manifestanti hanno anche espresso solidarietà ai lavoratori dello spettacolo. Sono i cento rappresentati di Action, il movimento che chiede il diritto alla casa e all’occupazione, che ieri pomeriggio ha manifestato davanti ai cancelli dell’Auditorium di Roma, dove in questi giorni si svolge il Festival del Cinema.
È intervenuta la polizia chiudendo i cancelli, mentre il vasto gruppo di giovani scandiva slogan per salari dignitosi, garanzie occupazionali e diritto all’abitazione. Terminata la protesta i cancelli sono stati in seguito riaperti intorno alle 18.14. Sul red carpet del Festival di Roma la situazione è ritornata alla normalità.
Poco prima una quindicina di persone era riuscita a salire sul palco della Sala Petrassi durante i titoli di coda del Film ‘Crisi di classe‘ sul problema del lavoro e della precarietà mostrando i cartelli con la scritta “La mia vita non è un film“.
“Siamo ragazzi appartenenti a varie organizzazioni e centri sociali – spiega una delle manifestanti – La richiesta principale che ci ha portato qui è quella per la casa, ad affitti più bassi, vista la crisi e soluzioni più umane in caso di morosità”.
di Ilaria Eleuteri