Eppure in Iran ci sono più di 3000 band di musica rock, di cui molte con donne soliste. Nascosti nelle cantine o in una stalla poco fuori Teheran, tantissimi giovani iraniani cantano e suonano la musica “del demonio”.
Partendo da questo strabiliante controsenso dei nostri giorni
Bahman Ghobadi, già acclamato regista dello splendido
Il tempo dei cavalli ubriachi, ha realizzato
I gatti persiani, che racconta la storia assurda e toccante di uno di questi gruppi
underground, i cui membri fondatori sono da poco usciti di prigione. Girato in soli 17 giorni, con una camera S12K (tutte le attrezzature 35 mm appartengono allo stato) e senza alcun permesso governativo,
I gatti persiani è insieme grido di dolore e crudo abbandono di ogni speranza. I due giovani protagonisti Negar e Ashkan, duo musicale (lei cantante, lui tuttofare) per ottenere la possibilità di uscire dal paese e partecipare a un festival musicale a Londra, rischiano in ogni momento di tornare in prigione, di subire frustate punitive e di vedersi confiscati gli strumenti musicali.
In attesa di visti e permessi dal mercato nero, il regista segue – pedina, alla Zavattini – Negar e Ashkan alla ricerca dei componenti del gruppo – tutto da formare – da portare con loro all’estero. Ovviamente le difficoltà sono enormi, e il viaggio della speranza prima, della disperazione poi, si trasforma nelle mani esperte di Ghobadi in un campionario delle varie realtà umane e musicali iraniane, con contributi musicali – tutti irresistibili – che spaziano dall’
heavy metal al
rap, dai canti tradizionali al
jazz, in cui spiccano le partecipazioni illustri della celebre cantante
Rana Fahran (che il regista mostra volontariamente fuori fuoco, a sottolineare l’assurdità censoria della repubblica islamica) e del rapper
Hichkas (popolarissimo in patria, nonostante la sua musica sia bandita e non abbia mai pubblicato alcun cd).
Necessariamente imperfetto nella forma e nella struttura – la maggior parte delle scene sono state “rubate” girando in motorino, in un unico take, improvvisando e con l’eterna paura dell’arrivo della polizia –
I gatti persiani arriva dritto al cuore dello spettatore, lasciandolo senza via di scampo e senza speranza. Immenso il suo valore morale e civile, che va al di là della “semplicità” della storia.
Il film non sarà mai distribuito in patria, per ovvi motivi censori. Presentato allo scorso
Festival di Cannes ha vinto il
Premio Speciale della Giuria nella sezione
Un Certain Regard. Veramente stupenda – e non poteva essere che così – la colonna sonora originale del film.
Il titolo (in originale è
Kasi az gorbehaye irani khabar nadareh) si riferisce alla situazione dei musicisti iraniani, costretti a vivere nascosti come dei gatti, creando un parallelo con l’assurdità di una legge che sostanzialmente vieta di portare a spasso felini (e cani) ai cittadini dell’Iran. «
Tuttavia» dice il regista «
a casa abbiamo dei gatti che amiamo moltissimo, d’altra parte i gatti persiani sono molto costosi».
Per saperne di più, ecco il blog ufficiale del film:
http://www.igattipersiani.it/index.phpI gatti persiani è nei cinema da venerdì 16 aprile per
BIM Distribuzione in 40 copie.
di Manuela Pinetti