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World Press Photo: viaggio nella violenza del 2010

World_Press_Photo_201056 fotoreporter raccontano il mondo in una mostra itinerante

Tim Hetherington e Chris Hondros, i fotoreporter uccisi in Libia il 21 aprile. Una dedica dovuta, quella del World Press Photo 2010, il concorso annuale internazionale che premia i migliori scatti del fotogiornalismo, avvitato dal 1955 ad Amsterdam da un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro.
In questa 54^ edizione, 56 fotografi di 23 nazionalità raccontano un 2010 di conflitti, lotte sociali, calamità, ma anche di sport, mondanità, arte e spettacolo. Immancabili anche i social network.
I 19 giurati hanno dovuto scegliere in due settimane tra 5.691 fotografi e un numero record di 108.059 immagini, presentate al concorso. “Siamo in grado di vedere le condizioni … le immagini rispondere alla nostra curiosità in modo vivido”, ha dichiarato Vince Aletti, uno dei membri della giuria.
Quest’anno è stato il sudafricano Jodi Bieber, con all’attivo già otto riconoscimenti, a meritare il World Press Photo of the Year per uno scatto che raffigura il volto sfigurato di Aisha Bibi, 18enne della provincia di Oruzgan, nel centro dell’Afghanistan, punita per essere fuggita dal marito violento.
Un’immagine di forte impatto mediatico, iconica, simbolo della condizione comune a molte donne, vittime di violenze. Oggi la ragazza vive negli Stati Uniti, dove ha avuto sostegno psicologico ed è stata sottoposta a intervento di chirurgia ricostruttiva.
Questa potrebbe diventare una di quelle immagini – e ne abbiamo forse solo dieci nel corso della nostra vita – in cui, se qualcuno dice ‘Sai, quell’immagine di una ragazza…’, si sa esattamente di quale si sta parlando”, ha detto il presidente della giuria, David Burnett.
La missione del World Press Photo contest, come spiega un altro giurato, oltre a quella dichiarata di promuovere elevati standard professionali nel fotogiornalismo e il libero scambio d’informazioni, è anche quella di rendere l’opinione pubblica consapevole di ciò che sta accadendo nel mondo e che sembra lontano da noi, e il ritratto di Aisha è quello che ha suscitato le domande più importanti.
Il catalogo della mostra è un moderno libro di storia che racconta la cronaca di un mondo desolante: dalle inondazioni in Pakistan al violento terremoto di Haiti, dalle condizioni di non-vita nelle carceri alle cremazioni di massa in Tibet, dalle morti di confine alla tragedia della Love Parade di Duisburg, da un torero incornato agli scenari di Gerusalemme di ieri e oggi.
Ma sono le storie di donne ad essere protagoniste: Cécile, manager danese, e il sogno di curare Victoria, piccola affetta da una rara sindrome e le pratiche di aborto in Africa.
Tra i fotoreporter italiani premiati, Riccardo Venturi, con il primo premio per la sezione “Notizie generali-foto singole” per lo scatto ad una giovane haitiana a Port-au-Prince inerme davanti alle devastazioni del terremoto del gennaio 2010, e Davide Monteleone che si è aggiudicato il secondo premio nella categoria “Arte e Spettacolo”.
L’esposizione itinerante del WPP è stata già ospitata in Italia al museo di Roma in Trastevere, a Milano presso la Galleria Carla Sozzani (fino al 31 maggio) e più avanti farà tappa a Lucca (20 novembre-12 dicembre alla Chiesa dei Servi) e a Napoli (8 dicembre-4 gennaio 2012 al Palazzo delle Arti).

di Valeria Fornarelli