Genovese torna dai suoi “perfetti sconosciuti” remakando una serie tv made in USA
Libero arbitrio? Whatsapp se qualcuno (che non sia l’amministratore di un social media) ci concede almeno in apparenza, di rilevarne la sua effettiva esistenza? E ci da la possibilità di usarlo?
“Ho picchiato a sangue un tizio“. “Voglio i dettagli… Gli hai fatto male?”. “Abbastanza”… Abbastanza non è abbastanza per il tizio faustianamente in attesa che anime perdute gli vengano incontro, in cerca di aiuto, risposte, di ricompense in cambio di compiti. Perché sembra che gli esseri umani non sappiano far valere il libero arbitrio se non stimolati in imprese assurde per superare i propri limiti sociali, etici, emotivi, o meglio i limiti che credono di avere, se non autoimposti almeno imposti dalla società che essi annoverano come tale.
Evento speciale in chiusura della Festa del Cinema di Roma 2017, il nuovo attesissimo film di Paolo Genovese, sulla bocca di tutti compresa una critica entusiasta a causa del “suo” Perfetti Sconosciuti, cerca di mantenere gli allori tornando al remake. Come fu per Immaturi, format vincente e squadra attoriale glamour, con The Place (american style sin dal titolo al neon, da non confondere con il The Square vincitore a Cannes) torna a calcare un soggetto già vittorioso in lidi stranieri, perché di stranieri talvolta grottescamente intrecciati si parla qui, in questo rifacimento di una serie TV statunitense del lontano 2010, The Booth at the End, creatura Netflix. Dandoci in pasto un “compito” copiato con garbo, tessuto da musiche da fiction frettolosa con squilibri e incertezze, dissanguando di pathos ogni pur interessante spunto di trama.
Siamo ingabbiati nelle nostre “celle…intrecciate” come cita l’androide protagonista di Blade Runner 2049. Siamo tutti connessi, che sia nostra o meno la volontà il cosmo si unisce in danze macabre e grottesche (confortanti se dietro la macchina da presa c’è Genovese), innescando strane bombe. Quelle che costruiscono ognuno a suo modo, i clienti di un (pur ottimo Mastrandrea) uomo di mezza età che col suo librone e la faccia imbronciata scrive e scartabella fornendo opportunità in cambio di “patti”. Pacchetti di opzioni stile grande azienda ma in formato tintoria delle anime, il tutto in un locale all’americana in quartiere romano. Dal cieco alla suora, dalla bella brutta alla moglie non amata, dal poliziotto fallito al figlio degenerato al padre disperato. Tutti si avvicendano nel locale. Pronti a fare del male per avere del bene, pronti a mercificare il proprio egoismo in moneta spirituale. Ma di chi sono le colpe, le responsabilità, dove sta la verità e quel bene che tutti vogliono? Ma lo vogliono? Chiediamolo alla pubblicità Barilla.
A lui non spetta sapere, lui vuole solo i “dettagli”.
CAST
Regia di Paolo Genovese
Con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D’amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini
Soggetto dalla serie tv USA The Booth at the End
Sceneggiatura Paolo Genovese, Isabella Aguilar
Fotografia Fabrizio Lucci
Montaggio Consuelo Catucci
Musiche Maurizio Filardo
Prodotto da Medusa Film, Lotus Production
ITA 2017
105′
Distribuito da Medusa