Una commedia moderna ed originale alla “What women want” quasi in chiave di fiaba.
La regista Audrey Dana è assolutamente duplice nel suo ultimo film Qualcosa di troppo. Duplice in quanto la donna (fragile, incredibilmente romantica, disperata e ferita dopo che il marito, da cui ha avuto due figli, la lascia per un’altra incinta) di cui veste i panni si ritrova con gli attributi maschili. Ma il titolo Qualcosa di troppo non rimanda solo a questo connotato sessuale, ma anche al tono, a volte estremo, utilizzato. Ma l’obiettivo –ha tenuto a sottolineare la regista- è soltanto quello di far ridere e divertire senza mai essere volgari. E non a caso lei è un’appassionata dei comici americani e di Ben Stiller. Il tutto inizia come una fiaba “Si j’étais un homme” (se fossi un uomo), ma presto avrà anche dei toni un po’ più drammatici, anche se sempre tragicomici. Come nelle migliori favole, che presto rischia di trasformarsi in incubo, è rilevante il ruolo della magia. La donna cambierà le sue sembianze proprio in una notte di temporale, che rappresenta la natura che si ribella. Un evento shock come accade a Mel Gibson in “What women want”, con cui Qualcosa di troppo ha elementi in comune. Duplicità che rima con serendipità per un’atmosfera magica. A proposito di interrogarsi su quello che le donne (o gli uomini) vogliono, la protagonista Jeanne si erge a paladina di un’emancipazione femminile che, però, non è fine a se stessa. Attraverso un argomento particolare e delicato come quello della sessualità, parla degli uomini e delle donne mostrandone pregi e difetti, per scardinare ogni pregiudizio. Se una donna potesse essere un uomo anche solamente per un giorno, o viceversa, ci sarebbe più complicità, più unione e meno contrasti. Questo capirà Jeanne, una neo “Giovanna D’Arco” attuale, una combattente per diritti e libertà rivendicati in nome di un’uguaglianza di fondo tutta da scoprire.
Proprio quando comprenderà di aver frainteso e giudicato male un collega con cui ha passato una notte e che crede sposato, donnaiolo e superficiale e invece è un padre premuroso che si prende cura dei suoi figli, da solo. Si chiama Merlin (Merlino, a proposito di magia, interpretato da Eric Elmosnino) e nasconde un animo romantico come il suo. Allora per Jeanne sarà chiaro quanto i preconcetti non servano a nulla. Ma, a proposito di nomi, l’altra protagonista importante è l’amica di Jeanne: Marcelle (alias Alice Belaïdi, straordinaria nella sua recitazione come del resto Dana). E se la parte femminile è raccontata con puntualità è proprio grazie all’aiuto di due co-sceneggiatrici come Maude Ameline e Murielle Magellan, per quanto riguarda quella maschile, se è così vera e autentica e reale è perché sono stati intervistati centinaia di uomini, che si sono raccontati, le cui testimonianze sono state materiale di ispirazione per la stesura di Qualcosa di troppo. E, tra i personaggi maschili, non è trascurabile la figura del ginecologo dottor Pace (Christian Clavier), perché pace è quella che infonde equilibrio, conciliazione tra i due sessi e con se stessi. Infatti Jeanne vuole ritrovare fiducia prima in se stessa che negli uomini, che odia e con cui è arrabbiata dopo che il marito l’ha lasciata. Si sente abbandonata, ma soprattutto deturpata della sua dignità di donna, vuole riavere la sua capacità decisionale e la sicurezza per poter gestire la sua vita come il cantiere sul lavoro.
La recitazione di Audrey Dana è sicuramente eccellente, viene dal teatro e si vede, ma soprattutto trasmette il fatto di sentire il tema: per lei è stato difficilissimo recitare un ruolo del genere, ma ci ha messo molta della sua personalità ed interiorità con cui ha saputo dare autenticità al tutto. Così la duplicità interiore che la divide, è come il tormento della storia travagliata con Merlin: riuscire ad unirsi finalmente a lui significherà ritrovare quell’equilibrio e serenità; la conciliazione tra la praticità e la dolcezza, il romanticismo femminile e la potenza, la fermezza maschili. Con l’intraprendenza di chi reagisce e non subisce, non soccombe, senza più pietismo autoreferenziale. Così prende piede quel vero miracolo del film che è il contrastare l’odio verso la diversità e la transessualità. La magia che ha luogo in un mondo che discrimina, la donna sul mondo del lavoro come chi è considerato diverso per una questione di genere o sessuale sterili, che si intende superare. “Il mio intento –ha affermato la regista- non è mai stato quello di mettere in opposizione il maschile e il femminile, gli uomini e le donne, ma, sotto spoglie ludiche, di invitare a una sorta di riconciliazione tra i generi”. La storia è nata da un sogno fatto dalla regista vent’anni fa, ma è proprio un sogno che si andrà realizzando. Ma non lo si poteva non attualizzare, tingendolo anche della questione ecologica moderna, che è diventata una problematica sociale. E che sarà anche metaforica. Il tema ecologista è affrontato in maniera velata, ma è propedeutico al senso della commedia. Il progetto di una scuola verde ipotizzato da Jeanne (e da Merlin) nel film è quello di una scuola che renda liberi dai pregiudizi, che insegni il rispetto per l’altro (come per l’ambiente).
Qualcosa di troppo, infatti, non solo vuole superare numerosi clichés che strumentalizzano questioni di genere peraltro concrete (ogni sette minuti una donna viene violentata), ma dà un senso di liberazione per entrambi i sessi. Uscendo, finalmente, da una visione miope ed ottusa, fatta di idee prestabilite e preconcetti falsi. Per farlo si usa lo strumento di un’ironia sottile e divertente, che dà la sensazione di poter essere se stessi fino in fondo senza più problemi né disagi. Non è un caso che Jeanne dia il nome del suo migliore amico di scuola ai nuovi genitali maschili che si ritrova: nome legato a un bel ricordo, a qualcosa non da odiare, ripudiare, disprezzare, o da eliminare, ma da accettare e con cui convivere pacificamente e serenamente. E, raggiunto quest’ultimo obiettivo di poter essere orgogliosa, fiera di se stessa e fiduciosa nelle sue capacità, se lo scopo era la vendetta sul suo ex, questa sembra la migliore delle vendette che potesse infliggergli. Più che uomini vs donne e donne contro uomini, la situazione pare quella di un contesto in cui vi debbano essere (o dovrebbero esserci) uomini e donne insieme, in e per un mondo migliore. Un’ora e 38 minuti di risate che fanno riflettere. Dall’11 maggio prossimo al cinema.