Un bambino costruisce il suo sogno di libertà e ne impara il prezzo.
Un paio di scarpe per conquistare il rispetto degli altri ragazzi. Da qui parte il film d’esordio alla regia di Justin Tipping: Kicks, nella sezione “Alice nella città”. Come ha raccontato alla Festa del cinema di Roma, il cortometraggio è ispirato a un fatto veramente accaduto e autobiografico. Tipping ha spiegato che, quando viveva a Aukland da adolescente, a 16 anni venne prima deriso e poi picchiato per il nuovo paio di scarpe che si era comprato. Pertanto, ha aggiunto ben evidenziando questo aspetto, l’umiliazione che si vede nel film è vera; la stessa che provò quando i suoi amici gli chiesero: “hai picchiato anche tu?”. Poi un giorno suo fratello, per consolarlo, affermò: “ora sei un uomo”. Il regista non ha nascosto quanto fu colpito da tale frase, perché non si sente d’accordo con l’idea tramite cui la violenza è associata con la mascolinità. Tipping, dunque, ha confessato di aver voluto indagare questo concetto e di averne voluto discutere con i ragazzi. Su tale tema li ha e si è molto interrogato, rivelando di essersi chiesto che cosa significhi veramente essere un uomo. Qui sta il nocciolo della questione al centro di Kicks.
Il film è la storia di Brandon, un giovane che decide di comprarsi delle Nike Air nere e rosse Jordan perché: ‘un bel paio di scarpe significa rispetto’ e lui è stanco di essere preso in giro perché è basso. Circondato da ragazzi cresciuti tra droga, violenza e delinquenza, per i quali l’unica legge che vale e che rispettano è il farsi giustizia da soli (magari con una pistola in mano), il suo riscatto e la sua maturazione equivalgono a un regolamento di conti (anche con il passato di suo zio). Per valere ed essere rispettati occorre trovare qualcosa per cui morire; un uomo non è altro che chi sia disposto a rischiare la vita per qualcosa appunto e, se quasi sicuramente morirà per essa, almeno lo farà dignitosamente e dovrà (e saprà) farsi valere.
Per chi come Brandon è nato a East Bay a Richmond in California (che sembra ‘Il figlio di Will Smith’ e che parla e comunica a battute rap), avere quel paio di scarpe non è una moda o un capriccio, è molto di più: è uno stile di vita, quasi un rito di iniziazione nella società. Con quelle indosso può sentirsi persino il padrone della città e del mondo, forte abbastanza da poter affrontare la dura realtà della vita vera, che non fa sconti e non perdona; esistono solo due categorie di individui: o si caccia o si è cacciati.
Qui si vive sempre sotto minaccia e pertanto è interessante che il punto di vista sia quello di un bambino; così come che i film siano analizzati da una giuria di studenti adolescenti. Nel cortometraggio poi, ha sottolineato il regista, non si può dimenticare l’importanza della musica. Lui stesso è cresciuto ‘a ritmo di hip-hop’, per questo anche Brandon (che un po’ lo rappresenta), usa tale genere di melodia come via di fuga: “come una sorta di coperta di Linus che lo fa sentire forte e figo, quando invece è profondamente timido ed introverso”. Inoltre, ha precisato Tipping, l’ha usata per suddividere in capitoli la storia. Il film, infatti, all’interno è diviso in parti che sanciscono le tappe di questa sorta di viaggio di formazione e crescita di Brandon. Ma c’è anche dell’Italia in Kicks. Justin è vissuto per un periodo a Roma, dove ha studiato cinema; per questo ha inserito un riferimento nel film a “Ladri di biciclette”, per rendere omaggio a Vittorio De Sica. Nel suo cortometraggio, ancora, è da rimarcare anche la presenza di un altro stratagemma cinematografico: Brandon è sempre accompagnato da un astronauta, una sorta di amico immaginario e voce della coscienza tramite cui riflette sulle esperienze che si trova a vivere e sugli insegnamenti che gliene derivano. Un modo per Tipping per spiegare agli spettatori quella realtà. Sicuramente il sogno che insegue Brandon (e, metaforicamente, tutti i ragazzi come lui) è quello della libertà. Sin dall’inizio, in apertura, ci viene detto che ciò che il giovane desidera di più è ‘andare nello spazio senza nessuno che gli rompe’. Tuttavia Brandon allo stesso tempo diventerà consapevole, imparerà a sue spese e a sua volta insegnerà che non è con la sopraffazione che si ottengono davvero le cose che si desiderano. È più dignitoso lottare alacremente e perdere, che vincere immeritatamente. L’onore è importante (‘non sei un uomo se ti fai portare via ciò che tuo’ si dice nel film), ma combattere per avere una cosa e meritarla rende più merito e giustizia alla persona stessa, è una sorta di valore aggiunto che porta riconoscenza, rispetto, gratificazione e stima. Quel rispetto appunto tanto ricercato sin dall’inizio del cortometraggio tramite le scarpe.