L’attrice sudafricana produrrà il remake statunitense dell’horror Two Eyes Staring

Una bambina di nove anni scopre che la sua migliore amica nasconde dei segreti inquietanti legati alla storia della sua famiglia.

È questa, in breve, la trama del film horror olandese Two Eyes Staring (titolo originale Zwart Water). Si tratta di una pellicola indipendente, diretta dal regista Elbert van Strien, il quale, dopo l’uscita nelle sale olandesi la primavera scorsa, l’ha presentata con grande successo di pubblico e critica in diversi festival europei.

È così che ha avuto modo di vedere il film la talentuosa Charlize Theron, che pare ne sia rimasta così colpita da comprarne i diritti. Non tutti sanno, infatti, che la Theron è proprietaria di una casa di produzione, la Denver & Delilah Films, con la quale quindi creerà il remake americano di Two Eyes Staring.

Ancora sconosciuto il nome del regista: la Theron sta ancora incontrando in questi giorni diversi nomi importanti per decidere a chi affidare la sua ultima creazione. Né si sa se la vedremo comparire nel cast della pellicola o se, per questo film, si limiterà al ruolo di produttore, ruolo che ha già sperimentato negli scorsi anni, producendo film come Monster (2003, scritto e diretto da Patty Jenkins), East of Havana (2007, diretto da Jauretsi Saizarbitoria ed Emilia Menocal), Sleepwalking (2008, diretto da William Maher).

In fase di produzione, nel cantiere della Denver & Delilah, c’è anche l’adattamento di Florence of Arabia, al quale si aggiunge ora l’horror con cui la Theron prova a incantare nuovamente il pubblico statunitense e internazionale.

Certo è che se l’attrice sudafricana dovesse anche recitare nella pellicola, le conferirebbe sicuramente una marcia in più, considerando il suo talento artistico che ha consegnato al pubblico alcune grandissime interpretazioni attoriali. Basti citare – una per tutte – l’interpretazione nel ruolo di protagonista in Monster, grazie al quale si è aggiudicata nel 2004 il Premio Oscar come migliore attrice, il SAG Award e il Golden Globe.

di Silvestro Capurso