Che la saga abbia inizio
Il geniale e sempre attuale William (Shakespeare) parlava alla luna come a una mutevole e incostante creatura “che si trasforma ogni sera nella sua sfera”.
Una definizione adatta anche alla New Moon di Chris Weits, che dopo aver illuso con lo splendore di un successo annunciato, tradisce le aspettative con la più bugiarda tra le sue molteplici facce. Cavalcando il clamore creatosi intorno al fenomeno di Twilight e il “caldo” consenso personale ottenuto da Robert Pattinson nei panni del pallido e romantico Edward, la Summit Entertainment tenta “il colpo grosso” con un secondo capitolo dalle grandi aspettative. Ma si sa che i sequel non godono di buona fama per qualità e impegno. Abbandonata la semplicità e la “povertà” dei mezzi tecnici che avevano contraddistinto il ben più sincero crepuscolo, la luna nuova confida nella solidità di una condizione economica inaspettata che non giova in alcun modo al prodotto finale. Un lancio pubblicitario degno di un kolossal, i vari e sempre diversi rumors sull’eventuale storia d’amore tra i due protagonisti e la mobilitazione di un intero paese della Toscana, hanno catalizzato in questi mesi l’attenzione di un pubblico in delirio. A questo si aggiunge una vera e propria sovraesposizione di bicipiti e addominali per confezionare ad arte uno spettacolo interamente dedicato a sconvolgere la stabilità di adolescenti e non. Ecco la mistificazione della falsa luna, che sotto le spoglie di un amore contrastato nasconde i segni evidenti di un prodotto costruito a tavolino. Completamente spogliata dell’impianto drammaturgico shakespeariano utilizzato dalla Meyer, la sceneggiatura appare troppo fragile e incapace di sostenere un’estensione temporale a dir poco ambiziosa. Eliminati gli inconvenienti e i contrattempi che dovrebbero delineare l’evoluzione di un amore secondo la classica ma attuale struttura del dramma di Romeo e Giulietta, non rimane che assistere a un insieme d’immagini prive di profondità che cedono troppo facilmente alle lusinghe della retorica. Un vuoto di stile e narrazione maldestramente poggiata sulle spalle di Kristen Stewart che ingaggia con il licantropo Taylor Lautner un rapporto scandito da un continuo “vorrei, non vorrei”, una sorta di monotona danza riempitiva in attesa del ritorno del principe vampiro. Allo stesso modo il pubblico si trova ad attendere le apparizioni di Pattinson che, cristallizzato nella sua cinerea sofferenza, sembra costretto a muoversi lungo percorsi eccessivamente delineati. L’assenza di Edward si avverte per tutta la durata del film. Già relegato a personaggio secondario dalla Meyer, sotto la direzione di Weitz il vampiro gentiluomo perde la complessità caratteriale e la melanconica ironia di un eroe romantico senza tempo per trasformarsi in un fantasma evanescente. A questo punto, visto gli influssi negativi della New Moon, non rimane che sperare in un’Eclipse.
di Tiziana Morganti
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