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Venezia Cinema 2010: La Passione, la via crucis di un regista che ha smarrito la sua vena artistica

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Venezia Cinema 2010: La Passione, la via crucis di un regista che ha smarrito la sua vena artistica

La_PassioneIl cinema italiano in concorso a Venezia dimostra che i registi nostrani hanno ancora molto da raccontare: firmando La passione, Carlo Mazzacurati da prova di grande maestria narrativa e conferma l’esistenza di isole felici nel nostro panorama culturale.

Convocando un cast brillante, Mazzacurati ritrae il regista Gianni Dubois (Silvio Orlando) impantanato in un momento critico della sua vita: è un cinquantenne senza ispirazione che non gira un film da cinque anni e che a fatica può considerarsi ancora un emergente. A Dubois viene data un’ultima occasione, scrivere un film per l’astro televisivo Flaminia Sbarbato (Cristiana Capotondi). Già alle prese con un produttore interessato ai numeri, con un’attrice impaziente di girare il film e con un’idea che tarda ad arrivare, il povero Dubois apprende di aver danneggiato un affresco cinquecentesco custodito nella chiesa adiacente alla sua casa in Toscana. Il bizzarro ricatto del sindaco del paese (Stefania Sandrelli) – dirigere la Passione del Venerdì Santo – lo guiderà verso una serie di decisioni e incontri importanti dove non mancheranno un incapace ‘Gesù’ (Corrado Guzzanti), un traditore alla maniera di Giuda, un amico inaspettato e fedele (Giuseppe Battiston) e una ‘Maddalena’ infelice (Kasia Smutniak) che gli ruberà il cuore.

Attraverso la rappresentazione nella rappresentazione, Mazzacurati mostra il complicato mondo del regista, acuto osservatore della realtà dalla quale attinge continuamente per costruire le sue storie in una epifania dell’idea non sempre apprezzabile. La parabola esperienziale di Dubois-regista della Passione sembra ricalcare, con una necessaria diminuzione dei toni, la via crucis di Cristo, inquadrandosi come commedia all’italiana dei nostri tempi in cui dietro la leggerezza dei modi si cela l’amarezza di un disagio. Dubois vive il blocco dell’artista, quello che intorpidisce la mano quando si è davanti al foglio bianco e può paralizzare per un tempo infinito. Proprio quando la carriera sembra ormai alla deriva, Dubois si rimette in carreggiata grazie a una casualità della vita e, dimostrandosi coraggioso nel mettersi in gioco, viene salvato infine proprio dall’arte.

E lo stesso Ramiro-Battiston, sostituto fuori forma e deriso di quel Cristo-Guzzanti comico, vanitoso e gaffeur, rappresenta a suo modo un martire grottesco e drammatico che, incarnando lo spirito del film, decide di rischiare e di portare sulle spalle il fardello delle sue colpe e inadeguatezze fino alla collina della salvezza.

La passione è un’opera ben strutturata che inorgoglisce i fan del cinema italiano, sfoderando un racconto originale agito da personaggi mai fuori posto dove Battiston si rivela agile più che mai nel districarsi tra la leggerezza e l’intensità del ruolo e Orlando mantiene alta la dignità anche nella disfatta.

Mazzacurati si conferma, ancora una volta, artista interessante e abile plasmatore della materia cinematografica, regalando allo spettatore una pellicola briosa e commovente al tempo stesso.

 

di Francesca Vantaggiato