L’attore scozzese ospite del festival per presentare le prime immagini della serie dedicata alla famosa famiglia fiorentina
Era l’ospite più atteso dell’edizione 2015 del Roma Fiction Fest e le sue fan, numerose e armate di di pennarelli, DVD e telefonini, gli hanno riservato un’accoglienza calorosissima: Richard Madden, arrivato nel pomeriggio della penultima giornata del festival, ha ricambiato l’affetto, fermandosi per più di mezz’ora fuori dal Cinema Adriano a firmare autografi e a posare per le foto con le sue ammiratrici. L’attore scozzese ha partecipato alla presentazione di Medici – Masters of Florence, co-produzione italo-americana sulla famosa famiglia fiorentina che verrà trasmessa dalla RAI nell’autunno del 2016. Sceneggiata da Nicholas Meyer e Frank Spotniz, la miniserie in 8 puntate vede protagonista l’ex Robb Stark di Game of Thrones nei panni di Cosimo de’ Medici e Dustin Hoffman nel ruolo del padre del ragazzo, Giovanni. Le prime immagini sono state presentate in anteprima mondiale al Roma Fiction Fest alla presenza di Madden, che ha raccontato la sua esperienza in Italia.
«Quando vedo vivere sullo schermo un personaggio, non vedo me stesso! Vedo queste scene e mi ricordo che recitare con Dustin Hoffman è stata ed è un’esperienza fantastica e vedo che c’è ancora molto lavoro da fare per finire la serie. Ma posso dire che, quando si tratta di lavori come questo, svegliarmi alle 4, alle 5, alle 6 di mattina è facilissimo perché so che arrivando sul set troverò alcuni tra i migliori talenti con cui abbia mai lavorato.»
«Conoscevo il loro nome, ma nulla di più. Ho imparato molto dalla sceneggiatura e da qualche libro che racconta delle generazioni di questa famiglia. È stato Frank a calarsi nel materiale e a portare in vita questi personaggi incredibili. Perché sì, è vero, conosciamo le gesta della famiglia Medici ma non che tipo di persone fossero davvero. Avere l’opportunità d’interpretare un personaggio come Cosimo è stato davvero fantastico.»
«C’è un concetto che corre attraverso tutta la sceneggiatura, che Giovanni insegna a Cosimo e che mi ha veramente catturato: il concetto di agire per un bene più grande, di non fare qualcosa esclusivamente per se stessi. Oggi siamo troppo concentrati sull’idea di fare quello che vogliamo, di progredire per noi stessi e invece c’è questa famiglia incredibile che nonostante avesse delle banche, non ha pensato di usarle in senso capitalistico, ma per fare qualcosa che durasse centinaia di anni, che spingesse in avanti la società in cui viveva e che portasse ricchezza a chiunque. Ed è stato bello proprio per questo, perché oggi non la pensiamo così. Non pensiamo a cosa accadrà tra duecento o trecento anni e invece i Medici lo hanno fatto ed è stato interessante esplorare dal punto di vista drammatico questa idea: fare qualcosa di brutto, che ti costa sacrifici, per ottenere qualcosa di bello.»
«Mi piacciono i drammi storici! In realtà è un genere dal quale mi sono sentito naturalmente attratto. Nel caso dei Medici, per esempio, è la grandezza di questi personaggi a fare la differenza. A me piace il futuro, mi piace la fantascienza e tutto quel filone lì, ma c’è qualcosa che mi ha sempre portato ai personaggi che poi ho interpretato, ai ruoli come quello di Cosimo, una profondità che i protagonisti dei drammi moderni non hanno. Abbiamo girato a Firenze e in altri luoghi, circondati da dipinti epici, affreschi meravigliosi e… non è il genere di cose in cui ci s’imbatte facilmente oggi. Siamo troppo presi dai nostri iPhones, i computer, mentre per me e per molte delle persone con cui ho lavorato, stare in mezzo a quelle opere d’arte, è stato come andare al cinema. È stato come sognare ed effettivamente quei dipinti me li vedo comparire davanti agli occhi anche di notte! Quindi recitare in costume non è stata una scelta deliberata: è stato il modo in cui erano stati scritti quei personaggi a guidarmi verso di loro.»
«Ho notato qualcosa di brillante e di molto diverso tra un set britannico e un set italiano: in Gran Bretagna pianifichiamo tutto, fin nei minimi dettagli e, se qualcosa va storto, il set si ferma per cinque ore e non succede più niente. Gli italiani non pianificano proprio tutto! Le cose accadono, ma avete i migliori improvvisatori del mondo, persone attive e creative! Così ogni giorno il set è molto vitale. Il fatto che in questa serie ci sia anche un elemento crime rende le cose ancora più interessanti: com’è stato anche per Game of Thrones, pensi di sapere a che punto sei, cosa accadrà al tuo personaggio e invece succedono cose che poi lo portano in tutt’altra direzione.»
«Lo sanno fare bene, ma sono incredibilmente preparati. Vengono tutti con un’idea molto chiara del personaggio che devono interpretare e di come devono farlo e c’è molto studio della sceneggiatura da parte loro. Sono diversissimi ma sono anche persone umanamente fantastiche. Guido, ad esempio, sarà mio amico per molti anni. Siamo diventati tutti una strana famiglia italo-britannica: passiamo insieme sei giorni a settimana e, se è nato anche dell’affetto tra noi, dobbiamo ringraziare il cast e lo staff italiani che hanno creato questo “parco giochi” in cui recitiamo tutti i giorni. Credo che sarò felice di rimanere in Italia per un po’.»
di Lucia Gerbino