La storia della lotta per la libertà di un bimbo impavido
“Iqbal: bambini senza paura”, per la regia di Michel Fuzellier e Babak Payami, è stato forse uno dei film più attesi in competizione della sezione “Alice nella città” della decima edizione della Festa del cinema di Roma. Di sicuro quello con la maggiore presenza di scuole ad assistere alla proiezione. Numerose sono le classi venute a vedere questo film dedicato ai bambini. Ed è questa la prima differenza col libro (ispirato alla storia vera del bambino pakistano Iqbal Masih, ucciso nel 1995) da cui è stato tratto il libro di Francesco D’Adamo del 2001 “Storia d’Iqbal” (ed anche un film, nel 1998, da parte della regista Cinzia Th Torrini): quest’ultimo, infatti, era rivolto in particolare a un pubblico di adolescenti. L’autore, però, non si è sentito tradito nell’intento di trasmettere un messaggio che insegnasse la forza e il coraggio di lottare per la libertà, il diritto all’istruzione, di poter andare a scuola e giocare, di non essere sfruttati in lavori logoranti e pericolosi (come tessere tappeti o andare nelle miniere) e soprattutto per il diritto imprescindibile all’infanzia: “i bambini devono essere amati e protetti, non devono essere sfruttati ma liberi” si dice nel film; “devono usare penne, matite e quaderni (e non armi, di qualsiasi tipo siano, o arnesi da lavoro). Queste ingiustizie sono la nuova guerra da combattere e se, purtroppo, esistono i bambini soldato, anche Iqbal a suo modo lo è. Se il finale è diverso rispetto al libro appunto, poi, con un differente destino riservato al protagonista Iqbal, quello che interessava maggiormente emergesse dalla realizzazione del film era soprattutto l’aspetto emotivo ed emozionale dell’opera. Così è stato, con un tripudio di applausi da parte dei bambini in particolare. Qui risalta in modo esponenziale e sorprendente quanto la storia si ripeta e di quanto, spesso purtroppo, l’esempio venga dai più piccoli. Il discorso conclusivo di Iqbal è lo stesso tenuto, circa una decina di anni dopo, da Malala (Premio Nobel per la Pace).
Oltre questo bellissimo messaggio che colpisce e che arriva dritto sino all’umanità più profonda di ciascuno di noi, sono le immagini costruite a fare il resto. I personaggi sono molto belli, seppur semplici, e molte figure sono essenziali. Tuttavia a spiccare per originalità ed efficacia sono i momenti in cui vengono mostrati i sogni, i pensieri più onirici, i sentimenti più reconditi e non confidati di Iqbal, con disegni stilizzati che prendono spessore e si animano a ritmo di musica. Con la leggerezza di un animo più sollevato in quei momenti, ma anche con più tensione e più profondità derivate dalla serietà del significato che veicolano. Iqbal è un racconto per immagini, ma anche per emozioni e sensazioni, di una storia di denuncia, di ribellione ai soprusi, per la libertà e la giustizia. È soprattutto un racconto emozionale, oltre che emozionante. Ed il motivo è che qui troviamo tutte le gioie, le paure, le sofferenze, i dolori di bambini come Iqbal, che devono imparare a destreggiarsi nelle insidie della vita, imparando che però non tutto è da buttare via. Occorre cambiare quel mondo circostante, compiendo quell’ immensa rivoluzione sociale che è la democrazia. E lo fanno con la semplicità della spontaneità e genuinità di un bambino che, per quanto possa essere inesperto, conosce tuttavia l’importanza di sentimenti veri quali l’amicizia, la solidarietà, l’amore fraterno, lo spirito di sacrificio e la generosità. Iqbal è disposto a tutto pur di salvare i suoi amici e di riuscire a guadagnare i soldi sufficienti per poter comprare le medicine per il fratellino malato.
Questi sono i nuovi eroi moderni spesso sconosciuti e che rimangono ingiustamente nell’ombra, un eroe visionario che ha un sogno: salvare i suoi amici, come potrebbe essere metaforicamente il suo popolo, la sua famiglia. E lo fa con coraggio e senza paura. Non è un incosciente, ma un bimbo determinato ed ostinato a lottare per ciò a cui tiene di più, senza dimenticarsi delle persone care e per renderle libere e non schiave di un sistema governato da un potere economico abietto e disumano.
Ad ogni costo. A rischio della vita.
di Barbara Conti