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The Babadook: l’esordio “terrificante” della regista Jennifer Kent

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The Babadook: l’esordio “terrificante” della regista Jennifer Kent

The Babadook

The Babadook

Il 15 Luglio arriva nelle sale l’horror più applaudito degli ultimi anni

Parlare di horror significa parlare di un genere che ha una sua storia, una sua rispettabilità, un suo cinema; un cinema reso grande da maestri come George A. Romero, John Carpenter, Sam Raimi e tanti altri.

Oggi horror è diventato un’etichetta, un aggettivo, applicabile a qualunque lungometraggio includa un maniaco di qualche tipo e molto sangue. Ma spesso si tratta di imitazioni di pessima fattura di un genere tradito (a volte persino dai suoi pionieri!) in cui ormai c’è ben poco di cui aver paura.

La buona notizia è che qualche regista di nuova generazione riesce ancora a spaventare il pubblico: penso ai recenti The Conjuring di James Wan e The Orphanage di Juan Antonio Bayona (dal secondo s’impara persino qualcosa) a riprova del fatto che non tutto è perduto. Ma questi film hanno tutti qualcosa in comune: sono figli della “vecchia scuola”.

Anche la regista australiana Jennifer Kent ha capito che la paura non è mai una questione di sangue e di abuso di effetti speciali, ma spesso si tratta di qualcosa di molto più elementare da cercare proprio nel cinema del passato. Ed è proprio la semplicità del suo film di debutto, The Babadook, che ne ha decretato il successo. Il film lodato da Stephen King ed elogiato dal New York Times, arriverà nelle sale italiane il prossimo 15 Luglio per Midnight Factory, etichetta dedicata al cinema horror di proprietà di Koch Media.

The Babadook ha fatto incetta di premi all’estero (AACTA ed Empire Awards) per la regia, la sceneggiatura e come miglior horror.

Il film racconta la storia di Amelia, una donna che perde il marito in un incidente stradale proprio la notte in cui metterà al mondo suo figlio Samuel. Quest’esperienza segna per sempre la sua vita e quella del bambino che, a 6 anni, non ha mai potuto festeggiare il suo compleanno nel giorno giusto: quella data è da dimenticare, così come qualunque cosa sia legata al ricordo del padre che non c’è più e i cui effetti personali sono chiusi nelle scatole della cantina della loro casa. Amelia è anaffettiva. Questo figlio non riesce proprio ad amarlo come vorrebbe, eppure Samuel non si rassegna all’idea di conquistare il suo affetto e soprattutto di proteggerla da un mostro che abita i suoi incubi e che è convinto che, prima o poi, verrà ad ucciderli entrambi. Ogni sera Samuel sveglia Amelia nel cuore della notte, convinto che nella sua stanza ci sia “qualcuno”, ma ogni volta si ripete il “rituale della verifica” da cui il bambino esce sconfitto: la camera è vuota e le sue sono solo fantasie. O almeno lo sembrano. Finché non salta fuori un libro di fiabe (dal nulla), intitolato “The Babadook”: il libro contiene delle animazioni che raccontano la storia di Babadook, un mostro che, sulle prime, potrebbe sembrare innocuo ma che, pagina dopo pagina, diventa un incubo del quale i due protagonisti sembrano fare parte. Dalla comparsa del libro in poi, le allucinazioni di Samuel diventeranno incontrollabili così come il suo comportamento, al punto da spingere Amelia ad interrogarsi sull’esistenza di Babadook e a trovare la più elementare delle risposte: qualcosa di sinistro, in casa sua, c’è.

The Babadook racchiude in sé tutti i capisaldi del genere: porte che cigolano, finestre che sbattono, un televisore il cui eco di vecchi film di paura riempie il salotto di casa. Babadook non è una brutta faccia che compare durante tutto il film: è una presenza costante che cogliamo all’improvviso in un soprabito appeso, in un fiume d’insetti che esce da un muro, in un peso da cui (anche noi come Amelia) ci sentiamo schiacciati di notte sotto le coperte. Babadook ci piace perché è un demone di classe, come il Conte Dracula del libro di Bram Stoker: non si fa vedere molto, ma noi sappiamo che è lì.

La regia di Jennifer Kent è quasi musicale: il film è un crescendo di tensione che, arrivato al culmine, si stempera in una calma sempre e solo apparente. Ci piace la fotografia di Alexander Juhasz, autore anche delle inquietanti illustrazioni del libro pop-up che meriterebbero un premio a parte. A completare l’opera ci pensano l’ottima prova del piccolo Noah Wiseman (Samuel) ma soprattutto di Essie Davis, perfetta nel ruolo “bipolare” di Amelia.

Un bel film davvero, The Babadook. Tanto classico quanto contemporaneo, che ci spaventa ma ci lascia anche con un messaggio importante: ogni volta che ignoriamo il dolore, ci allontaniamo dalla felicità.

di Lucia Gerbino

Babadook  – Trailer