Zombie, concorrenti e produttori televisivi protagonisti della miniserie di Charlie Brooker
Ha esordito in Italia su Mtv una settimana fa portando sul teleschermo, ancora una volta, il tormentone dei morti viventi, attualmente “resuscitati” anche da un’altra serie tv Walking Dead.
Dead Set, miniserie britannica di Charlie Brooker, mette in scena in realtà due mondi paralleli, quello orribile e disgustoso degli zombie, e quello altrettanto ripugnante dello showbitz televisivo, pervaso da avidità e un incredibile cinismo. Le brutture dei morti viventi sono, quindi, soprattutto lo strumento attraverso il quale Brooker fa luce e analizza i meccanismi sotterranei che muovono le fila all’interno di uno show televisivo. La storia è ambientata all’interno degli studi del Grande Fratello inglese. Tutto sembra procedere fra gli ordinari problemi di redazione e la frenesia della diretta. La vita dei concorrenti e dei produttori è destinata però a cambiare nel momento in cui il morbo letale comincia a dilagare proprio nella ressa che si prepara ad accogliere la prima giocatrice “eliminata” dal reality. A questo punto tutti i protagonisti dovranno confrontarsi e sfidarsi in un gioco al di là della finzione e in cui è in ballo la sopravvivenza stessa.
Dead Set è quindi una serie tv, che al di là dei risvolti horror, si presenta soprattutto come una critica ironica e al tempo stesso feroce nei confronti del mondo dei reality show.
Intrattenimento e satira sono gli ingredienti principali, accompagnati da un ritmo narrativo sempre avvincente, sostenuto da battute taglienti e scene cult.
Ogni elemento contribuisce a creare una forte suspense, che riesce a tenere lo spettatore incollato allo schermo. Il merito va anche alla presenza di personaggi ben costruiti, né martiri né eroi, ma semplicemente esseri umani. E per finire, ironia della sorte, l’intero cast è composto dai veri partecipanti alle edizioni inglesi del reality show.
La serie, realizzata con un budget molto contenuto, andrà in onda ogni venerdì alle 23:30 in cinque puntate.
di Cristina Columpsi