pornplacevr

La letteratura entra in tribunale: Il caso dei tre di West Memphis

pornplaybb.com siteripdownload.com 1siterip.com
Safari Live – Work in Progress
Marzo 11, 2015
Anna Mazzamauro apre la sua scuola di Teatro
Marzo 12, 2015
Show all

La letteratura entra in tribunale: Il caso dei tre di West Memphis

Il buio dietro di me - Damien Echols - EinaudiTre bambini lungo le sponde del torrente

L’omicidio. È il 5 maggio del 1993. Siamo a West Memphis, nel profondo Arkansas. Tre bambini di otto anni scompaiono all’improvviso nei pressi delle loro abitazioni. L’indomani i corpi vengono ritrovati lungo le sponde di un torrente, in un luogo nel bosco chiamato “la tana del diavolo”. Sono nudi e riportano inequivocabili segni di percosse. Legati mani e piedi con delle stringhe, non sembrano essersi difesi in alcun modo dall’assassino. Due sono morti annegati nel fango, mentre l’altro, Christopher, a causa delle ferite subite. I vestiti galleggiano poco più in là, ed è tutto ciò che resta. L’orrore, a volte, rimane appeso a dei particolari insignificanti.

La scena del crimine. Giunti sul posto, gli agenti della contea di Crittenden commettono una serie di errori. Il primo, imperdonabile, non delimitano la zona, mentre i tre corpicini vengono spostati sull’erba, senza che sia ancora arrivato il coroner. Tutto intorno è un andirivieni di giornalisti, curiosi e parenti delle vittime, che, ignari delle conseguenze, cancellano per sempre ogni brandello di verità. E non sono i soli. Quando infatti saranno repertate le prove sul luogo del delitto, le scarse tracce ematiche presenti (probabilmente poiché il delitto è avvenuto altrove) non verranno tenute in considerazione, rinunciando così alla possibilità di dare un nome all’assassino. Non basta. I dettagli dell’indagine emergono, a più riprese, sui giornali e alla televisione. Molti dei quali portano decisamente fuori strada. Come, ad esempio, il particolare, raccapricciante, delle mani e i piedi legati con i lacci delle scarpe, che fanno pensare a un vero e proprio incaprettamento. Di lì al rito satanico il passo è breve. Ma è un passo falso.

Satana. È uno dei protagonisti di questa vicenda. Invocato a gran voce dalla gente del posto, getta un’ombra sinistra sull’indagine in corso. Lui troneggia ovunque. Nei discorsi al bar, nelle prediche della domenica, lungo le strade ammantate di silenzioso perbenismo. Lui è l’ospite inatteso, il convitato di pietra, quello che, quando meno te l’aspetti, è lì, e ti guarda. È lui l’assassino. Ne è convinto un certo Steve Jones, funzionario dei minorenni della contea, il quale, l’indomani della tragedia, viene consultato dal tenente James Subdury, incaricato dell’inchiesta.

Il capro espiatorio. Se Satana ha armato la mano dell’omicida, chi ha compiuto materialmente un gesto tanto efferato? La risposta è sempre stata là, sotto gli occhi di tutti. E ha il nome e il volto di Damien Echols, un diciottenne con la passione per l’heavy metal, che cita Crowley e veste sempre di nero. Ha già sperimentato l’istituto psichiatrico, da dove ne è uscito con una serie di bizzarre convinzioni. Come quella che, nutrendosi di sangue umano, acquisterà dei superpoteri. Tanto basta per fare di lui l’assassino, quello che tutta West Memphis cerca e che l’America intera ha già condannato a morte. A inchiodarlo un particolare inquietante: durante un colloquio informale con gli agenti, Damien si dice sicuro che le vittime abbiano subito una mutilazione ai genitali, dettaglio che la polizia ritiene, fino a quel momento, di non aver divulgato. In effetti si trattava di una notizia trapelata da giorni, e per giunta infondata. Damien non è solo. Con lui ci sono dei complici. Jason Baldwin, sedici anni, e Jesse Misskelley Jr., diciassette anni, quoziente intellettivo decisamente sotto la media. Sono loro i colpevoli. Sono i tre di West Memphis.

Il buio dietro di me. Ed eccolo il buio. Di un nero così profondo da perdervisi dentro. Lo sa bene Damien, il quale viene incastrato da una testimonianza. Quella di un altro bambino, Aaron, coetaneo delle vittime, che lo colloca sulla scena del delitto, insieme agli altri due. Peccato che la dichiarazione di Aaron sia il prezzo che il bambino paga per evitare a sua madre il carcere per un furto. Ma non è tutto. Spunta anche una confessione, quella di Jesse Misskelley Jr., ed è un cumulo di menzogne. Echols finisce nel braccio della morte. E qui il buio diviene il suo compagno più prezioso, nell’attesa, lunga diciotto anni, dell’esecuzione. Difficile non impazzire. Eppure Damien vi riesce. Il buddismo zen lo aiuta, il matrimonio con Lorri Davis lo salva. Nasce un movimento per la sua liberazione, ne fanno parte Peter Jackson e Johnny Depp. Vengono prodotti dalla Hbo due documentari sul caso di West Memphis, “Paradise Lost” e “Paradise Lost 2”, che servono a sensibilizzare l’opinione pubblica e a cui va il merito di aver colpito l’America al cuore. Fino all’insperata scarcerazione, nel 2011. Anche se, per ottenerla, i tre devono comunque dichiararsi colpevoli, in base a un espediente giuridico, chiamato Alford Plea, che impedisce loro di chiedere allo Stato un risarcimento per l’ingiusta detenzione. Un anno dopo Echols pubblica il diario della sua prigionia Il buio dietro di me” (Einaudi, 2013), ed è il racconto, giorno dopo giorno, di una miracolosa risalita dagli inferi.

Ricominciare da zero. A partire dal 1996 gli avvocati difensori di Echols mettono insieme prove e indizi, fino a che nel 2007 presentano un ricorso basato sull’esame del Dna. Poiché nessuna traccia genetica, rinvenuta sulla scena del crimine, porta ai tre di West Memphis, rimane il mistero sulla vera identità dell’assassino. Quel che appare certo però è che, sulla stessa scena, viene ritrovato un capello. È di Terry Hobbs, il patrigno di una delle vittime. E poi c’è Mark Byers, padre adottivo di un’altra delle vittime, il piccolo Chris, che si presenta sul set di Paradise Lost con un coltello da caccia. Un cameraman si accorge che quell’arma è insanguinata e la consegna agli inquirenti. Infine spuntano le dichiarazioni di Douglas E. Preston, profiler dell’Fbi, che esclude che possa trattarsi di un delitto a sfondo satanico. Allora bisogna ripartire dal principio, da quel maledetto pomeriggio di maggio, quando Stevie Branch, Michael Moore e Chris Byers sono usciti dalle loro case, per non farvi più ritorno. Si scopre che anche dietro di loro c’è il buio. Quello di famiglie sull’orlo dello sfacelo, con genitori mai diventati adulti, che coprono segreti e misfatti a suon di botte. E non basta la messa della domenica a scrollare loro di dosso il pensiero della morte. Perché oggi il sospetto li accompagna ovunque.

di Michela Carrara