Una riga tracciata dentro, tra i limiti e i sogni, il lecito e l’illecito, il quotidiano e lo straordinario, la vita e la morte. Anche i personaggi di McCarthy questa frontiera ce l’hanno scritta nel sangue, prima ancora che intorno, e
Cavalli selvaggi, primo capitolo della saga dei cowboy persi tra America e Messico, ne è uno splendido omaggio.
Siamo in Texas, 1949. Il nostro eroe si chiama John Grady Cole, ha 17 anni, un cavallo e una famiglia mezza distrutta alle spalle. Ha anche un amico, Rawlins, e nessun posto a cui tornare davvero. Spesso ci vuole una vita per decidere di cambiare vita, ma quando ti prepari a farlo da sempre basta una notte. E di notte partono, i nostri cowboy. Da una terra che ha già i pick up e la televisione raggiungono l’altro mondo, dove puoi sopravvivere con niente e, se hai un cavallo e una pistola, devi guardarti le spalle. Tra strade di polvere e sole che acceca, tortillas improvvisate e fiumiciattoli provvidenziali, un nuovo compagno di viaggio e i soliti vecchi e buoni cavalli, provano anche a costruirsi una vita normale. Ma niente può essere normale in Messico per due diciassettenni con stivali e cappello che passano il confine al contrario. Neanche la tranquilla hacienda di un signore buono e austero, i suoi cavalli da domare, le sue partite a scacchi della sera e la sua giovane e bellissima figlia.
Succede il fattaccio, ovviamente. John Grady e Alejandra (“
occhi azzurri da sconvolgere il mondo in un batter di cuore”) prima condividono un puledro appena addomesticato, poi l’intimità delle stanze dei vaqueros, vicino alle stalle. Vero il cavallo, vera l’amazzone, veri il cielo e la terra, eppure tutto era un sogno. A svegliare John Grady arrivano una prozia (meraviglioso, politicissimo personaggio) tanto saggia quanto stronza e tutta la violenza di una terra da cui, in genere, si fugge per vivere.
Per la cronaca, John Grady non muore. In Messico ritornerà, come ritornerà ad amare, nelle prossime puntate della trilogia mccarthiana. Ma quando la frontiera ce l’hai dentro, la vita non ti risparmia. Non è un posto per vecchi, come direbbe Cormac, e solo chi sa parlare all’orecchio dei cavalli e del dolore può sperare di cavarsela.
Cormac McCarthy
Cavalli selvaggi (tit. orig. All the Pretty Horses)
Einaudi
304 pagine
11,50 euro
di Flavia Vadrucci