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Sanremo 2014: raccontare la bellezza costa troppo e dà poco share

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Sanremo 2014: raccontare la bellezza costa troppo e dà poco share

Ariston - SanremoE il festival continua…

È appena finita la kermesse canora, dopo 5 lunghi giorni che hanno messo a dura prova anche la resistenza dei presentatori, eppure continua a far parlare di sé. Quante volte, prima delle numerose (decisamente troppe!) interruzioni pubblicitarie, Fazio con la Littizzetto hanno pronunciato quella frase: e Sanremo continua. Continua e continuerà soprattutto la sua musica, che peraltro ha offerto poche novità. Il livello delle canzoni, se non è stato sottotono, tuttavia ha visto tutti gli artisti mantenersi perfettamente in linea coi propri canoni classici. E forse il flop di ascolti, in calo di 10 punti complessivi rispetto alla scorsa edizione, è dovuto a questi due fattori: testi e melodie standard e puntate troppo lunghe, nonostante Luciana Littizzetto abbia più volte provato ad accelerare i ritmi, cercando di metter in campo la migliore della sua naturale ironia. Anche Fazio, c’è da dire, si è molto prestato al gioco, stavolta quello dell’auto-ironia: si è vestito da idealista francese (in un costume più tipico da immersioni subacquee che da altro) per accogliere Laetitia Casta nella serata d’apertura; e, al termine della seconda, si è presentato addirittura in pigiama e vestaglia blu, a sottolineare la stanchezza che li invadeva. Anche la sempre brillante, solare, allegra e vivace Littizzetto, infatti, nella terza serata è apparsa particolarmente provata. Del resto chi non lo sarebbe dopo più di 48 ore quasi ininterrotte di dirette, prove e, soprattutto, di stress per la pressione della stampa alle prese con gli ascolti, con la questione Grillo, in cui i due presentatori sono sempre dovuti essere pronti a difendere il loro prodotto, questa trasmissione che è diventata una sorta di loro creatura, dopo la seconda conduzione consecutiva a loro firma? Situazione complicata dall’eliminazione di Riccardo Senigallia, per fortuna lasciata cadere in tranquillità dall’artista.

Dei testi vince quello che più ha rappresentato il 64° Festival di Sanremo: “Controvento” di Arisa. In essa ella canta: “Viaggiando controvento risolverò magari poco o niente ma ci sarò e questo è l’importante acqua sarò che spegnerà un momento accanto a te viaggiando controvento”. Come ben spiegato da Fazio questo Festival ha voluto essere solamente un momento per offrire un po’ di distrazione dai problemi quotidiani alla gente, a quel pubblico a cui si è voluto regalare un sorriso, un po’ di buona musica, padrona indiscussa, per una spensieratezza che portasse un po’ di serenità e di tranquillità. Problemi quali il precariato, tanto che il monologo d’apertura, in cui era impegnato Fazio, è stato interrotto (non si sa quanto la scena possa essere stata costruita o meno) da operai, che da mesi non percepiscono stipendio, che hanno minacciato di buttarsi dagli spalti: finzione o realtà, la problematica è concreta ed attuale, ma molto ricorda l’episodio di cui fu vittima Pippo Baudo anni orsono. Ed è la stessa Arisa a cantare ancora nel suo brano, simile agli altri portati a Sanremo (soprattutto a “Sincerità”, seppur meno monotona e più leggermente accelerata dell’altra), “Questa vita lascia i lividi Questa mette i brividi”.

Importante la sua vittoria, una volta di più simbolica, anche in quanto il Festival è stato dedicato alla bellezza. Ancora una volta i monologhi della Littizzetto sono stati la parte più interessante e che ha fatto più il picco d’ascolti di tutta la trasmissione: “la bellezza è diversità” ricorda; non si può emarginare una persona down, è come tutte le altre; non si può discriminare una donna solamente per il semplice fatto di non avere forme perfette: è la sua invettiva contro la chirurgia estetica che spesso, invece di migliorare, fa danni irreparabili ai canoni estetici, alla psicologia e alla sensibilità umana, al senso di auto-accettazione di ogni donna, per cui conta più l’apparenza che la sostanza. Anche nel mondo del lavoro, soprattutto in fase di selezione del personale. Arisa, come del resto la Littizzetto (con la sua statura minuta su cui gioca molto con Raffaella Carrà e le gemelle Kessler) non è certo l’esempio dei canoni di bellezza e di moda, ma non per questo è meno femminile o sa raccontare meno la femminilità e l’essere donna. La sua carta vincente è la semplicità e la capacità del sapersi mettere in discussione, giocando sui suoi limiti e difetti, ma comunque sapendosi dare un’immagine più matura e più impegnata. Un po’ come la Littizzetto che si diverte ad attribuire i suoi premi da lei ideati.

A proposito di premi, scontati quella della critica e Mia Martini a Cristiano De André. Importante quello della sala stampa a I Perturbazione. Sono stati uno dei gruppi in grado di portare più novità, una tonalità di musica diversa a Sanremo. Meritava maggiore attenzione, a nostro avviso, lo swing di Giuliano Palma. Importante, viceversa, il premio tra le nuove proposte a Rocco Hunt e al suo rap, così come l’aver fatto esibire tutti i giovani anche nella serata conclusiva prima di conoscere il nome del vincitore. Arrivato dopo una gran fatica. Ma, d’altronde, come ha detto Maurizio Crozza nel suo intervento “bellezza è anche fatica”, ossia lo sforzo, il sacrificio, l’impegno di costruire qualcosa di significativo per la società. Quello che si è tentato di fare con il Festival di Sanremo, di cui va sottolineata l’ottima scelta di ospiti, italiani ed internazionali: Claudio Baglioni (che intrattiene il pubblico con molti dei suoi migliori successi canori), Luciano Ligabue, Enrico Brignano, Cat Stevens, Stromae col suo “Formidable”, con cui regala un momento di alta teatralità e di impegno sociale, raccontando storie di vite vere vissute, di cui egli è venuto a conoscenza.

Tuttavia neppure gli ospiti hanno risollevato gli ascolti, anzi hanno impattato fortemente e negativamente sul budget delle spese del Festival. Innanzitutto per i costi eccessivi per i cachet di Fazio e Littizzetto, dall’inizio aspramente criticati. Poi per le ulteriori cifre che si sono dovute investire per finanziare le apparizioni, per pochi minuti, di tutti coloro che sono intervenuti per leggere solamente il titolo della canzone vincente, tra le due interpretate dai cantanti, che avrebbe continuato la gara. Allora essi erano davvero tutti necessari ci chiediamo? Non potevano essere i super pagati Fazio e Littizzetto a comunicare l’esito delle votazioni? I conduttori hanno, poi, dimostrato che la musica è di tutti e per tutti, facendo cantare gente comune presente nel pubblico a cappella su canzoni impegnative anche. Allora, per quale motivo non lasciare la decisione al televoto da casa e alla sala stampa, invece che installare una giuria di qualità, presieduta da Paolo Virzì che, per quanto meritevole, non è stata certo una scelta economica, ma anzi ha inciso al rialzo sui prezzi di questa edizione del Festival? Tra l’altro presente in giuria Giorgia Surina, nel cast di “Don Matteo”, di cui è stato chiamato anche Terence Hill per interpretare, in una gag durata pochi minuti, un prete che sposava Littizzetto e Fazio: era veramente necessario impiegare altri soldi per Hill e perdere altri minuti preziosi per la trasmissione per una messa in scena divertente, ma ripetitiva dopo tutte le volte che il pubblico si è sorbito la pubblicità che faceva da spot alla trasmissione con la lite dei due presentatori sulle note di “noi due un corpo e un’anima (non ci lasceremo mai)”? E Ligabue era assolutamente indispensabile che salisse sul palco due serate? Non bastava che magari si esibisse solamente in duetto con Cristiano De André, di cui ha omaggiato il padre Fabrizio? Sarebbero stati altre centinaia di miglia di euro risparmiati. E che dire del pre-Festival, durato più di mezz’ora, condotto dal buon Pif, che tuttavia non ha convinto né entusiasmato troppo? Sarebbero stati quasi 40 minuti tolti alla lunghezza interminabile delle serate del Festival. Ma in fondo Sanremo è sempre Sanremo, ed è tale proprio perché esagera. Ed allora anche la tv, soprattutto in questa circostanza dell’anno, supera se stessa, permettendosi il lusso di “investire” o “sprecare” soldi, a seconda dei punti di vista, sulla musica. Ben venga, ma forse l’esempio di “Miss Italia”, di cui sono state ridotte le serate, dovrebbe insegnare: forse 5 serate son davvero troppe. Costato sei milioni di euro (quante cose ci si sarebbero potute fare!), quest’anno ha avuto la giustificazione di aver potuto esagerare per la ricorrenza dei 60 anni di Mamma Rai, ma a volte si è davvero avuta la sensazione di auto-incensamento con il tributo dato alle fiction che andranno in onda da qui a breve o già trasmesse. Più condivisibile spendere soldi per fare cultura: invitando ospiti come Luca Parmitano, che ha raccontato lo spazio, o il portabandiera e slittinista italiano Armin Zoeggler, che ha parlato delle Olimpiadi di Sochi. Forse si è voluto fare troppo, mettere troppa carne alla brace, e occorrerà ripensare il Festival per tornare a superare la soglia sfiorata quest’anno di share, sotto il 40%, all’insegna dell’innovazione, ma anche di maggiore selezione del materiale su cui incentrare l’attenzione: a volte il tema portante della bellezza si è un po’ perduto, si è andati fuori tema. Dunque un Festival che dovrà imparare ad andare “Controvento”, come canta Arisa ed a risparmiare laddove possibile. Claudia Cardinale, icona di bellezza, non si è neppure esibita. Viceversa ha fatto male quella di Franca Valeri, provata dalla malattia: una bellezza che, forse, andava tutelata meglio.

di Barbara Conti