In Concorso il dramma da camera del rumeno Andrei Gruzsniczki, tra spionaggio, etica dell’amicizia e nuovo illuminismo
Che cosa si dimostra con una formula rivoluzionaria? Che cosa si può realizzare con un talento che non può essere rivelato al resto del mondo? Che cosa si può cambiare volgendo il tradimento in fiducia o meglio in solidarietà inattesa?
Romania, 1984. Cortina di silenzio con l’Occidente. Società in fila ordinata, avviluppata dalle convenienze, dai clientelismi e dal ricatto ovattato dalle paralizzate norme del Partito. Un teorema che può modificare, innovandola, la percezione e la programmazione di molte attività produttive (persino il cinema). E anche il corso di molte vite ad esso legate. Una donna in attesa dell’espatrio insieme al figlio indisciplinato, educato dal nonno borbottone, colto e deliziosamente autoironico. Un giovane scienziato in crisi, che attende la propria consacrazione irraggiungibile. Un agente della Securitate che spia i loro movimenti infiltrandosi nella loro esistenza quotidiana. Un unico problema da risolvere, soluzioni diverse che svellono certezze e volontà, ciascuna con conseguenze irreversibili.
A che prezzo si può cercare l’affermazione personale e quali diritti calpesta un regime trasformato in controllo accecato di qualsiasi progresso eccentrico? Un’amicizia, una famiglia, un sogno, messi reciprocamente alla prova ai tempi di Ceausescu. Un matematico trentacinquenne poco aduso alle norme del regime, in eterna stasi da tesi di dottorato incompleta, invia segretamente in America un suo articolo, attraverso un amico emigrato in Francia. Una sua conoscente, moglie del collega stabilitosi a Parigi, prepara faticosamente i documenti per trasferirsi. Integerrima persecutrice del socialismo, vedrà allontanarsi compagni storici, sarà espulsa dal partito, dovrà abbandonare l’anziano genitore generosamente immolato ad una nuova solitudine. Ma dovrà anche vendersi alla Securitate per poter coronare una libertà sacrificale che parla una lingua straniera?
Le contraddizioni del regime e dei suoi oppositori, gli istinti insaziabili della sopravvivenza, le falle sociali di un sistema posticcio costruito su paure sgretolate, le falle dei singoli, protesi alla gloria, alla serenità, al riscatto, ma anche al passato. Con Quod erat demonstrandum Gruzsniczki, danzando in sordina con uno splendido cast (su tutti il divertito nonno), ricama un dramma intimo e simbolico dall’impianto teatrale, in un b/n autoreferenziale e riflessivo che investe l’opera di una patina oppressiva e stagnante. Scritto con eleganza minimale, trasposta nella disposizione geometrica delle scenografie e dei percorsi scenici, il film analizza schematico e puro i rapporti interpersonali senza tuttavia tracciare il carattere profondo dei personaggi. Consegnandoci sintetico e inesorabilmente pacato, lento, la loro doppiezza.
Senza svelare o cercare il senso multiplo e pulsante delle loro verità. Che resta da dimostrare. Come puntualmente il titolo ci ricorda, anzi insinua.
TITOLO E CAST
Quod erat demonstrandum
Di Andrei Gruzsniczki
Con Ofelia Popii, Sorin Leoveanu, Florin Piersic Jr., Virgil Ogăşanu, Tora Vasilescu, Marc Titieni, Dorian Boguţă, Alina Berzunţeanu, Lucian Ifrim, Geroge Alexandru, Ada Zamfira
Romania 2013
105’
di Sarah Panatta