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Scola “rifà” Fellini

Scola sul setQuel “Pinocchio mai cresciuto” omaggiato dal nuovo film di Ettore Scola, che torna eccezionalmente dietro la macchina da presa dopo 10 anni

“Che strano” presentare un film prima che sia montato (anche se in Italia l’uso si sta facendo comune, per agglomerare glam e attese prima di investire ogni centesimo). È lo stesso regista, in questo caso, a notarlo con ironia vegliarda, lucente e tempistica.

Certo, meno strano se consideriamo il ventennale dalla morte del Maestro de La dolce vita, di 8 e ½, di Giulietta degli spiriti, di Amarcord ecc. Se pensiamo all’eco internazionale ancora contemporanea di un autore immenso, contestato, conteso. Come uomo, come brand, come storia.

Ancora meno strano poi se producono Istituto Luce, Cinecittà con Rai Cinema e CinecittàStudios. Un’operazione di risveglio, di concomitanza pubblicitaria e celebrativa per il cinema italiano (da) sempre influenzato e appeso al “peso” fondamentale delle vecchie statuarie glorie. Un film, né documentario né silloge di fotografie e di commiati, né chiacchierata posticcia di emozioni appassite, bensì una docu-fiction, che mescola repertorio e ricostruzioni, tra visione e memoria sentimentale profonda che, fanno intendere gli ideatori, scantona il divismo elogiativo postumo, e riscrive a sei mani (Ettore Scola e figlie, Paola e Silvia, tra le trascinatrici del progetto) il sogno e la figura di Fellini, attraverso le fasi di due vite connesse e specchiate.

Ricostruito nel Teatro 5 di Cinecittà, Che strano chiamarsi Federico!, titolo a prestito da F.G. Lorca, entra nel labirinto delle esperienze artistiche e personali di Fellini, seguendo il filo poetico dell’amicizia tra Ettore Scola e il Maestro sin dagli anni giovanissimi e sperimentali della collaborazione comune alla rivista satirica “Marc’Aurelio”. Una fucina di sghignazzo sociale antifascista concesso, un gruppo di avide menti in piena carriera. Tasselli immersi nel vento marino. Le scorrazzate notturne in auto (la famosa Lincoln) con i primi grossi guadagni, il bar notturno, le gite con personaggi poco raccomandabili, il bagno Cobianchi, le facce storte e i volti immateriali, le grandi scoperte e i rivolgimenti storici. Cambiamenti culturali e il rapporto denso, stratificato, con il cinema. Un road movie con molti giovani attori e poche star, tra cui il madonnaro Sergio Rubini.

Fellini e Scola sono due protagonisti , prima reali poi “sagome” del viaggio, simbolica costellazione di momenti, dialoghi, luoghi, oggetti, desideri. Che strano.

Non so che cosa debbo dire del film” ha commentato Ettore Scola alla presentazione stampa “La prima volta che ho varcato la soglia di Cinecittà fu nel ’36. Incontrai Amedeo Nazzarri, bellissimo divo del tempo, ed esercitò una grande fascinazione…Ho conosciuto Federico nel ’47 al ‘Marc’Aurelio’, una piccola università dell’umorismo. Una piccola zona di critica al fascismo, privilegiata, anche i gerarchi ridevano anche se l’ironia era rivolta alla loro magniloquenza. In Fellini c’era molti di questa ironia. Secondo me era un regista fortemente politico…Credo che in questo film ci sarà il debito e la devozione per lui. Non so come sarà ma so che mi piacerà”.

TITOLO E CAST

Che strano chiamarsi Federico!

Regia di Ettore Scola

Con Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Giulio Forges Davanzati, Ernesto D’Argenio

Scritto da Ettore, Paola e Silvia Scola

Una produzione Papermoon, Palomar, Istituto Luce, Cinecittà con Rai Cinema e CinecittàStudios

Distribuzione BIM

Uscita : Settembre/Ottobre 2013

di Sarah Panatta